VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

1 ott 2017

Prefazione di Federico Cardinali

Uomo, conosci te stesso,
e conoscerai l’universo e gli dèi.
(Oracolo di Delfi)

 

Chi guarda se stesso,
 rischia d’incontrare se stesso.
(K. G. Jung)

 

 

Sono orami nove anni che ci conosciamo e ci frequentiamo, di settimana in settimana, per ascoltarci. Tra noi. E per ascoltare noi stessi. In tutti questi anni ci siamo incontrati cercando di rispettare il tema che c’eravamo ripromessi di svolgere. Quasi un compito, che un qualche maestro – la Vita, credo – ci aveva assegnato. La mente e l’anima è il titolo di questo compito. E a questo abbiamo cercato di restare fedeli.

In questo 4° volume raccogliamo quanto ci siamo detti negli ultimi due anni, 2015 e 2016.

 

Un maestro di psicologia del secolo scorso, K. G. Jung, ha scritto che «il viaggio più difficile di un essere umano è quello che lo conduce dentro se stesso, alla scoperta di chi egli veramente è». E in un altro passo «l’anima contiene non meno enigmi di quanti ne abbia l’universo con le sue galassie, di fronte al cui sublime aspetto soltanto uno spirito privo di fantasia può non riconoscere la propria insufficienza».

È con questa consapevolezza, non sempre facile da tenere vigile, che di volta in volta ho provato a dare parole a pensieri e a sentimenti. Nel tentativo di condividere quelle domande che le vicende della vita, personale, professionale e sociale, facevano nascere nella mia mente e nella mia anima. E quelle domande che molti di voi mi chiedevano di condividere e di essere aiutati a tenere aperte.

 

Dico domande, perché di queste abbiamo bisogno se vogliamo davvero trovare le risposte. Non delle risposte. Non risposte qualsiasi. Ma le risposte. Quelle con la R maiuscola. Che sono poi quelle che la nostra anima cerca. L’anima di ciascuno di noi. Perché queste risposte, lo sappiamo bene, non possono darcele altri. Gli altri possono dirci la strada che essi seguono per ascoltare le loro domande. Possono camminarci a fianco. Ma non possono percorrere quel cammino che la nostra anima, in questa fase della vita, ha in progetto di realizzare.

 

Nel presentare questo 4° volume voglio condividere con voi una curiosità. Che a mio parere ha un grande significato.

Lo Zohar (il Libro dello splendore – antica tradizione ebraica) ci racconta che «duemila anni prima della creazione del mondo le lettere [dell’alfabeto] erano nascoste, e il Santo, benedetto egli sia, le contemplava e ne faceva la propria delizia».

Ebbene, questo alfabeto (così antico che la tradizione fa esistere addirittura prima della creazione del mondo, ed è la lingua in cui ci è arrivata la maggior parte della Bibbia antica - Primo Testamento) ha un particolare. La prima lettera (א - ’àlef) è una lettera muta: non ha un suono. Essa prende il suono della vocale che l’accompagna. L’alfabeto, lo strumento con cui formiamo le parole, inizia con il silenzio. Come dire che se vogliamo parlare, cioè dare parole ai nostri pensieri, prima dobbiamo incontrare il silenzio.[1]

Perché è solo nel silenzio che possiamo ascoltare noi stessi. «Ci siamo arricchiti in sapere, ma non in saggezza» rifletteva Jung. È nel silenzio, e ascoltando noi stessi, che possiamo ascoltare gli altri. Incontrare il loro pensiero. Le loro domande. Incontrare la loro anima.

 

Con questo ci auguriamo una buona lettura. Nel ri-ascolto di quanto abbiamo già condiviso. Ma che, con il passare del tempo, ci aiuterà a far emergere cose nuove. Accanto a quelle antiche.

 

Vi saluto ringraziando.

Tutti voi, con cui abbiamo costruito e continuiamo a costruire queste nostre conversazioni. Voce della Vallesina, nelle persone della direttrice Beatrice Testadiferro e del Vescovo Gerardo Rocconi, che con disponibilità e apertura d’animo, continuano ad ospitarci nel faticoso cammino di ricerca della verità, anche quando certe domande arrivano faticose da ascoltare.

E un grazie particolare, ancora una volta, a Gabriella Guidi, la condirettrice dell’Istituto di Terapia Familiare, che ogni settimana continua a metterci a disposizione un po’ del suo tempo per confrontarsi con me prima che una pagina arrivi al giornale.

 

Buona lettura. E buona...Vita!

 

 

[1] L’alfabeto ebraico ha 22 lettere ed è formato da sole consonanti. Soltanto successivamente sono state costruite le vocali (che non fanno parte dell’alfabeto): piccoli segni, linee o punti, che sono collocati sotto o sopra le consonanti, ma che ancora oggi, abitualmente, non vengono scritte, se non nella poesia o nei testi sacri.