2 ott 2017
Gabriella Guidi
Presentazione
Stavolta, nel presentare questo nuovo volume, Federico Cardinali è partito da lontano, addirittura dall’oracolo di Delfi. Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dèi. Così esso suona. Ma accanto ha chiamato anche Jung che, maestro di psicologia, sembra voler mettere in guardia da un progetto così impegnativo. Ambizioso, potremmo dire. E non perché non sia ‘buono’, ma perché esso indica una strada in salita. Bella, ma in salita. Conoscere se stessi è un progetto che, se sottoscritto, è come quando si parte per un lungo viaggio la cui meta è affascinante, ma il percorso sarà complesso e variegato: salite e discese, dolci a volte, altre così ripide che sembrano toglierti il fiato. Perché chi guarda se stesso, rischia d’incontrare se stesso. Così infatti scrive Jung che sapeva bene, come psicoanalista e come uomo, quanto incontrare se stessi significa incontrare anche i propri limiti, le proprie contraddizioni. Limiti e contraddizioni che ha evidenziato anche attraverso sue esperienze di vita, con luci e ombre.
Ri-leggendo questo 4° volume, ho avuto proprio la sensazione che l’invito che Federico ci fa è quello di partire per questo viaggio. Come se dicesse: beh, è ora, che aspetti a salire e a metterti in cammino? Ormai sono anni che ci parliamo, meglio, che ci ascoltiamo e ci parliamo: possiamo fidarci l’un l’altro. Quando sei stanco ci sarà la mia mano e quando la stanchezza arriverà a me, so che potrò contare sulla tua.
Non sono stati anni facili quelli ricapitolati negli incontri settimanali di questi due anni. La società civile si è trovata a fare i conti, oltre che con la crisi economica, anche con la crisi della famiglia. Della famiglia tradizionale. Scrive Cardinali, 1 marzo 2015: «di quale famiglia parliamo? Perché ho l’impressione che dentro questa parola rischiamo di collocarci il mondo intero. (...) Gli uomini della politica trattano la famiglia come merce di scambio. Se tu fai passare una cosa a me, io poi ne faccio passare una a te. (...) Che i giornalisti imparino ad accorgersi della famiglia non soltanto per i fatti di cronaca nera è una speranza». Poi la sua attenzione si allarga e prova a guardare anche la società religiosa: «E la chiesa, intesa nel suo significato vero e unico di comunità dei credenti? Come sta vivendo questo momento così prezioso per incontrare e per guardare la realtà della famiglia oggi?». E con coraggio aggiunge: «Stavolta non sono soltanto i preti o i vescovi che, occupati a descrivere e rappresentare la famiglia ideale, rischiano di non accorgersi della distanza che separa questa dalla famiglia reale. Questa volta a preoccuparmi sono i laici-cattolici che mi sembra continuino a guardare il mondo della famiglia chiusi dentro le sacrestie. E quando trovano un po’ di coraggio per sbirciare fuori, lo fanno guardando appena attraverso qualche crepa nel muro o qualche feritoia, stretta, come le finestrelle di quelle meravigliose chiese romaniche di cui è ricca anche la nostra Vallesina».
Un’altra preoccupazione che si evidenzia nel pensiero di Cardinali, leggendo queste pagine, è l’invito costante a volgere lo sguardo sulla difficoltà nel coniugare insieme religione e spiritualità. «Possono le religioni dialogare tra loro? No. Non possono farlo, perché sarebbe come rinunciare alla propria identità. Cioè alla propria unicità e alla propria verità. Attenzione, però. Non possono farlo le religioni, come sistemi dottrinali e istituzionali. Ma possono, anzi, debbono farlo gli uomini che si riconoscono in una religione. Ma per poterlo fare, c’è una condizione irrinunciabile: che non facciano prevalere la dottrina sull’uomo» scrive il 4 settembre 2016. L’attenzione all’uomo deve prevalere su ogni altra preoccupazione.
Ma l’uomo è l’uomo-e-la-donna. Un altro punto al quale, spesso, veniamo richiamati: la necessità di ritrovarci, uomini e donne, nella pari-dignità-nella-differenza. Tema grande e complesso, sul quale ancora, nella nostra società, abbiamo bisogno di tenere lo sguardo aperto e vigile. Tema che, devo dire, trova in me, già partecipe ai movimenti femministi degli anni sessanta settanta, una risonanza tutta particolare. E mi permetto di pensare che, su questo tema, non sono stati indifferenti per Federico, nonostante la diversità delle sue radici culturali, gli oltre quarant’anni che ci hanno visto colleghi e collaboratori nel Servizio Sanitario pubblico e nell’Istituto di Terapia Familiare.
E con piacere e, mi permetto di aggiungere, con soddisfazione (!), vi indico quanto scrive il 6 marzo 2016 «Donne, figlie di un Dio minore?», arrivando a esplicitare nell’occhiello che «Anche le religioni hanno bisogno di un 8 marzo»!
So di ripetermi, ma chiudo rinnovando l’invito che vi ho fatto due anni fa nella presentazione del 3° volume. Leggete queste pagine senza timore, perché questo è un libro speciale: è un libro per chi non legge i libri. Qui basta leggere tre pagine: ogni volta, in sole tre pagine, l’autore riesce a proporre un pensiero, importante, dall’inizio alla fine. Con un ragionamento chiaro, con parole esatte, chiare, precise e nello stesso tempo comprensibili a tutti.
Buona lettura!
GABRIELLA GUIDI è Psicologa psicoterapeuta e Assistente Sociale. Condirettrice dell’Istituto di Terapia Familiare di Ancona.