22 ott 2017
Intorno alle ‘eresie’ di Papa Francesco
Il vento e il sole
Una parabola usava raccontare Mandela ai suoi collaboratori. Il sole e il vento decidono di sfidarsi su chi sia il più forte. E si mettono alla prova. Vedono un viaggiatore avvolto in un mantello: il più forte sarebbe stato chi fosse riuscito a toglierglielo. Inizia il vento. Soffia, soffia. Ma più lui soffia, più l’uomo si stringe il mantello addosso. In fine il vento si ferma. È il turno del sole. Inizia a splendere. Prima piano, poi, aumentando il calore dei suoi raggi. L’uomo comincia a sciogliere il mantello. Poi, man mano che i raggi del sole si fanno più caldi, lo apre e se lo toglie completamente. A vincere non è la violenza del vento. Ma la carezza del sole.
Mandela è immerso nella situazione socio politica del suo paese, vittima della violenza dell’apartheid e alla ricerca di un equilibrio nuovo tra i cittadini: i bianchi, padroni fino ad allora, e i neri che, finalmente, si vedono riconosciuta la loro dignità di esseri umani. È con la pace, lui dice, che è possibile far cambiare idea e atteggiamento anche a chi è votato alla violenza o alla prepotenza. Duemila400 anni prima Aristotele scrive: «Chi è benevolo non è portato alla vendetta, ma alla comprensione».[1]
Francesco, il papa venuto dalla fine del mondo, sta provando a ripulire il volto di Dio. Riscoprendone l’immagine che ci aveva dato Gesù di Nazareth: il volto della misericordia. Un volto offuscato nel tempo. Da inquinamenti e incrostazioni. Perfino deturpato, in certi ambienti e in certi momenti storici. Quell’immagine di padrone e controllore, severo, sempre pronto a prenderti in castagna e a punirti per le tue inadeguatezze e ingratitudini, che ha portato e porta tanti, donne e uomini, prima a temerlo, poi, man mano che l’età aumenta, ad allontanarsene. Fino a negarlo nella propria vita.
È un processo appena iniziato. Non è facile, infatti, liberarlo dalle incrostazioni che regole e tradizioni vi hanno sovrapposto. Anche dentro la chiesa. Se la misericordia è il volto umano di Dio, la sua riscoperta diventa strada maestra per riscoprire il volto divino dell’uomo. La somiglianza con il creatore. Che può riprendere a vivere riattivando rapporti di pace e di misericordia con i nostri simili.
Tutto bene, allora? Sì per chi sa mettere l’uomo al primo posto. No per chi ritiene che prima degli uomini e delle donne ci sono le regole. È il vecchio problema, se la legge è al servizio dell’uomo o l’uomo al servizio della legge. Gli uomini del potere e della religione ai tempi di Gesù non hanno saputo accogliere la novità del Vangelo: la buona notizia era proprio qui, nel rimettere l’uomo al primo posto. Non è l’uomo fatto per il sabato, ma il sabato è per l’uomo, diceva.[2] Non sono le tradizioni e le regole – in una parola, la dottrina – qualcosa cui l’uomo dev’essere sacrificato. Ma le regole vanno commisurate con i bisogni, le potenzialità e le possibilità dell’essere umano. Sono gli uomini figli e immagine di Dio, non le leggi e i codici.
Poco più di un mese fa, alcuni amici mi facevano notare che non avevano sentito nelle nostre chiese né letto su Voce una posizione rispetto a quelle lettere di protesta che a settembre dell’anno scorso ben 4 cardinali, e a luglio di quest’anno 62 ‘cattolici’ (sostenuti poi da tanti altri, teologi, professori e, dietro le quinte, non pochi preti e vescovi) hanno scritto pubblicamente a Francesco. In una forma apparentemente rispettosa – chiedono spiegazioni –, i quattro cardinali parlano di cinque dubbi (dubia in latino), sui quali interrogano il papa; il documento di quest’anno ha per titolo Correctio filialis de haeresibus propagatis (correzione filiale sulle eresie propagate) ed evidenzia sette eresie in cui il papa sarebbe caduto, e sulle quali aspettano una risposta.
Mi chiedo: se davvero gli uni e gli altri desideravano avere chiarimenti, c’era bisogno di scrivere documenti pubblici e tanto pubblicizzati? Non bastava una lettera privata o la richiesta di un incontro?
Il punto è, a mio parere, che nell’Amoris Laetitia, l’esortazione sull’amore in famiglia, Francesco è caduto davvero in una grande ‘eresia’, la stessa che insegnava Gesù: la legge è al servizio dell’uomo e non viceversa.
È il vento che lotta con il sole. La paura di chi sente vacillare la terra sotto i piedi. L’istituzione che si vede messa in discussione nelle sue rigidità e nelle sue chiusure di fronte ai bisogni di un’umanità che fatica nella ricerca della verità di se stessa. Che è ricerca del Volto di Dio oltre i codici e le dottrine, troppo spesso irrigiditi e autoreferenziali.
A quei miei amici, e ai tanti che pure si fanno la medesima domanda, qui rispondo: io sto con Francesco. Amo più il sole che il vento.
[1] Aristotele, Etica nicomachea
[2] Cfr. Marco 2,27
* Questo è l'articolo n. 400 della Rubrica La mente e l'anima