19 nov 2017
60 ragazzine postano le loro foto sexy sul web
Ingenuità. Oppure?
Scrivere oggi non mi è facile. Perché non so decidermi a chi parlare. Se ai ragazzi e alle ragazze che usano la rete come fosse un semplice foglietto che metti nelle mani di una persona – quindi ci puoi scrivere quello che vuoi, tanto rimane solo tra te e lei – o ai genitori che, con la scusa che non sono tecnologici, rimangono del tutto all’oscuro di quanto fanno i loro figli con gli smartphone e i computer.
E parlare a entrambi non è facile.
FaceBook, Instagram, Twitter, Telegram, WhatsApp o YouTube sembrano linguaggio da iniziati. I ragazzi ti guardano e subito pensano: come, tu conosci queste cose? E i genitori, quaranta cinquantenni, sgranano gli occhi e: ma di che diavoleria stai parlando?
Ecco, è qui il problema. Doppio. I ragazzi non si rendono conto di cosa significhi veramente usare questi strumenti. Non capiscono – ripeto, non capiscono – che mettere in rete una foto o un messaggio significa spargerlo fino ai confini della terra. E i genitori non capiscono che i loro figli, esperti tecnologici, non hanno la maturità per valutare l’uso che di questi strumenti stanno facendo.
Se siete arrivati fin qui, adesso vi racconto una storia. Vera. Scoperta solo qualche giorno fa e neppure tanto lontano da noi. Era mercoledì scorso, 8 novembre. L’Ansa, il Quotidiano Nazionale e altri giornali ci dicono che 60 ragazzine liceali, di Modena e Reggio Emilia, avevano costruito un gruppo su WhatsApp e vi si scambiavano centinaia di foto dove si ritraevano nude o seminude o comunque in posizioni erotiche. Solo che dal gruppo, che esse ritenevano sicuro quasi fosse il caveau di una banca, le foto escono e finiscono sulla rete. In altre parole, sulla piazza del mondo. Così girano tra i compagni di scuola e altrove. E altrove.
Hai voglia, adesso, a piangere o a cercare chi sia stato a ‘rubare’ queste foto e diffonderle. A cosa serve ormai? Sì, saranno pure tolte da WhatsApp – pare sia intervenuta la polizia postale –, ma ormai chi ce l’ha ce l’ha. E avendole, può farle girare dove, con chi, quando e come vuole.
Diverse riflessioni dovremmo fare. Prima fra tutte provare a chiederci quale sia il senso di un’iniziativa di questo genere da parte di ragazzine quattordici, quindici, sedicenni. Cosa cercassero in questo scambio di foto autoerotiche. Da quali bisogni fossero spinte. Ma questa domanda, oggi, la salto a piè pari. E passo subito a due considerazioni. Da condividere, la prima con i ragazzi, e la seconda con i genitori e gli insegnanti.
Ragazzi, voi siete superesperti nell’uso di questa tecnologia. Nativi digitali vi abbiamo chiamato. Perché con il mondo digitale ci siete nati e ci state crescendo. È per voi così naturale farne uso come era per noi andare in bicicletta o seguire un cartone alla tv. Niente di male in tutto questo, certo. Ma il problema sta nel fatto che non riuscite a rendervi conto di cosa significhi, per esempio, mettere in rete una foto o un filmato. E non capite – non offendetevi, ma è così –, non avete la consapevolezza di come, una volta messo in rete qualcosa, questo qualcosa continui poi a girare. E voi non potrete farci più niente. Niente! Chiaro? E chi vi dice che poi potrete toglierlo quando volete, vi racconta una grossa balla. Perché lo fa? Mah, mille ragioni. Una, comunque, è certa: non lo fa perché vi vuol bene. Perché vuole il vostro bene. Sa benissimo che in un modo o in un altro a lui tornerà qualche vantaggio. Di voi se ne frega totalmente.
Cari genitori, lo so che non potrete mai competere nell’uso della tecnologia con i vostri figli. A meno che siate degli addetti-ai-lavori. Ma voi potete capire il pericolo che essi corrono. Quelle ragazzine delle foto sexy ora piangono e si vergognano. Se la prendono con chi può aver rubato quelle foto. Ma se lascio una busta piena di soldi sulla panca dei giardini, pensate che nessuno la prenderà? E ne farà l’uso che vuole? Chiunque la trovi la porterà ai carabinieri perché la restituiscano al proprietario?
Ecco: chi insegna ai vostri figli ad usare in modo sano la tecnologia che gli mettete in mano, se non ci siete voi a regolarne l’uso?
Ci torneremo su questo. Perché ora voglio aggiungere una cosa. Amara. Non contate sulla scuola: avete sentito l’ultima genialità della ministra dell’Istruzione? Far entrare a scuola lo smartphone come strumento didattico. Già i nostri ragazzi accusano seri e preoccupanti segni di dipendenza dallo smartphone: facciamoglielo usare pure a scuola, così l’intossicazione sarà completa. Brava, ministra!