12 mar 2017
Il limite: il problema che ci accompagna fin dalle origini
La trappola del serpente
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali della campagna. Con queste parole, nel mito biblico delle origini, ci viene presentato questo strano personaggio. Ora sono in tre: un uomo, una donna e il serpente. E qui, nella preistoria della preistoria, si attiva il primo dialogo.[1]
Non è facile collocare nel tempo le origini di questo mito. In realtà dovremmo dirci che i miti non hanno origine – per come intendiamo noi questa parola. Essi nascono con l’umanità e, nelle diverse culture, ne raccontano la storia. Fatta di domande, scoperte, ricerche. Tentativi continui di entrare, passo dopo passo, nella profondità di noi stessi. Nel senso e nel mistero della Vita.
Spesso ci diciamo che la nostra epoca è caratterizzata dalla volontà di onnipotenza. Dal rifiuto del limite. In realtà dobbiamo riconoscere che questo è il problema con cui da sempre l’umanità deve fare i conti. Forme diverse ha assunto nel tempo. Ma la sostanza rimane. Non a caso è proprio su questo terreno che i personaggi di quell’antico racconto si misurano. Sarete come Dio è il risultato che si sentono prospettare dal serpente, nostro eterno compagno di strada. Cosa significa essere come Dio se non aver cancellato ogni limite? Ma essere come Dio è un frutto proibito. E non perché qualcuno (o Qualcuno) ce lo impedisca, ma semplicemente perché siamo umani e l’essere umani significa essere nel limite.
Oggi la tecnologia e le scoperte della scienza ci disvelano conoscenze impensabili anche solo qualche decennio fa. Figuriamoci secoli e millenni or sono. Oggi siamo in grado di sollevarci da terra e volare nel cielo e negli spazi interplanetari. Possiamo coltivare e distruggere il nostro stesso pianeta. E la nostra vita. Siamo in grado di ridisegnare il nostro corpo quando i segni del tempo lo rendono sgradevole ai nostri occhi. Sappiamo perfino manipolare le cellule che generano la vita. La stessa vita umana.
Ma il pericolo che corriamo è sempre lo stesso: dopo aver ‘mangiato’ il frutto proibito, che noi riteniamo miracoloso perché capace di farci diventare come Dio, in realtà possiamo solo scoprire di essere nudi. Cioè piccoli. Non padroni della vita. Né del mondo. Neppure, per tanti aspetti, di noi stessi.
Accettare il limite non significa non ricercare. Non ascoltare le domande che nascono nel nostro cuore. Accettare il limite significa avere rispetto per noi stessi e per gli altri. Per la terra che ci ospita e per il resto dell’universo. Significa essere capaci di non confondere un desiderio con un diritto. Consapevoli che il mio desiderio ha il limite che gli pone il desiderio dell’altro. In una relazione di costante reciprocità.
In famiglia il piacere di accompagnare un figlio nella sua crescita non può essere disgiunto dalla fatica e dal dovere della cura. Il piacere di godere dell’abbraccio di una compagna (di un compagno) non può essere disgiunto dall’impegno del rispetto della parola data. Che significa fedeltà e vicinanza anche quando lo sguardo viene colpito dal passaggio di un altro (di un’altra).
Sapere che in un incontro tra due uomini o tra due donne non può nascere un figlio significa accettare il limite e accoglierlo come parte integrante di noi stessi. E nello stesso tempo avere rispetto e grande amore per quel figlio tanto desiderato. Un rispetto che viene meno, invece, quando il mio desiderio lo faccio diventare un diritto. E arrivo a pretendere che un bambino, per accogliere il mio desiderio, abbandoni sua madre e si lasci abbandonare da lei (maternità surrogata), e rinunci al suo diritto, oltre che desiderio/bisogno, di avere una madre e un padre.
Sapere che da sola, o oltre l’età fertile, una donna non può fare figli significa accettare il limite che la vita stessa le pone. E anche se la tecnologia permette di forzarlo, non può dimenticare che sta tramutando il suo desiderio in un diritto. Non sa accettare che il limite per il suo desiderio è nell’incontro con il desiderio dell’altro: il desiderio (bisogno, diritto) di un bambino. Che è di avere due genitori. E in età adeguata.
So bene quanto sia difficile accettare il limite. In ogni campo dell’umano. Le forze che vengono meno con il passare degli anni, la consapevolezza che il mio sapere è sempre più piccolo di fronte alla vastità di conoscenze sempre più grande. Amici che devo salutare perché hanno terminato il viaggio di questa vita e mi ricordano che anch’io li seguirò...
Ma accettare il limite significa non cadere nella trappola del serpente. Non bere, ingenuamente, la storiella che, tradendo la nostra natura, saremo come Dio!
[1] Genesi 3,1-7