5 feb 2017
Un brutto giorno della memoria per i nostri bambini
Tra Religione e Storia
Cara Ministra dell’Istruzione, non pensa anche lei che giovedì 26 sia stata una brutta giornata per i bambini di quella scuola di Roma che si sono visti separati dagli altri – io direi discriminati – in occasione della proiezione del film La Vita è Bella che un’insegnante aveva proposto di guardare per celebrare insieme il giorno della memoria?
Cos’era successo? Che la proposta di condividere con i bambini la visione di quel film era venuta dall’insegnante di religione e, subito, l’insegnante di attività alternativa chiede ai bambini che non fanno religione di uscire, «perché quella è l’ora di religione» e loro «non possono restare con gli altri». Per di più, così ci riferiscono i giornali, il Dirigente Scolastico non ha fatto altro che avallare la posizione di quest’ultima. Del resto un bravo amministrativo, cioè un bravo burocrate, non può che eseguire il suo compito: far rispettare le regole. Che, naturalmente, per un amministrativo vengono prima di qualunque altra cosa. Figuriamoci se può permettersi il dubbio di mettere le persone (= gli alunni) prima delle regole!
Ma siamo in una scuola, e in una scuola noi educatori osiamo pensare che gli alunni debbano venire prima di ogni altra cosa. E il loro processo educativo debba prevalere su ogni altra questione. Ma molto evidentemente non è così. Peggio, così non deve essere dal momento che avete reso le scuole aziende, e i vecchi direttori didattici li avete promossi (!?) a dirigenti scolastici.
Lo so che non è tutta e solo sua la responsabilità. Ma, anche risparmiandoci l’elenco nominativo dei suoi predecessori, tutti avete fatto propria questa scelta politica. La scuola va amministrata come un’azienda: minima spesa, massimo profitto. Cosa ci dobbiamo aspettare dal dirigente di turno? Che rispetti le regole e le faccia rispettare. E i bambini? Sì, certo, tutto nel preminente interesse dei bambini. Dichiarato e ri-dichiarato fino alla nausea. Ma quale interesse? Perché, onestamente, vedere nella scelta di quell’insegnante e di quel dirigente il preminente interesse dei bambini... lei dice che io non riesco a vedercelo solo perché sono uno psicologo?
Ma ora provo ad allargarmi. E le propongo due domande.
La prima: perché, secondo lei, lo Stato italiano deve mettere nei suoi programmi l’insegnamento della religione cattolica? E non, invece, l’insegnamento della religione, considerando che questa è parte integrante della cultura? Di ogni cultura? Quindi anche della nostra? Mi dirà che questa è una norma concordata con la chiesa cattolica. Certo. La stessa domanda, infatti, la faccio anche ai suoi rappresentanti istituzionali. E quest’ultimo piccolo episodio perché non guardarlo come un’ulteriore occasione di riflessione, da una parte e dall’altra, visto che non è la prima volta che la religione, piuttosto che elemento di unione e d’incontro, quale dovrebbe essere per sua stessa natura, diventa occasione di divisione e di conflitto?
Ora la seconda domanda. Stavolta alla sola ministra dell’istruzione. È da un po’ di tempo che ogni nuovo governo, quindi ogni nuovo ministro, presenta la sua riforma della scuola. Personale, programmi, orari, anni di studio, ecc. La mia domanda è sui programmi. Un dettaglio, se vuole. Ma non di poco conto, secondo me. Lo studio della storia. Quando eravamo giovani, lei come me, se a scuola avevamo dei bravi insegnanti, riuscivamo a percorrere per ben tre volte tutto il ciclo della storia: dagli inizi dell’umanità fino ai giorni nostri. Studio fatto nel rispetto delle capacità critiche e di comprensione delle diverse età: elementari prima, media inferiore poi, infine negli anni di liceo. Oggi sì e no alla fine delle superiori i nostri ragazzi sentono parlare di nazismo e di fascismo, di resistenza e, per restare a questi giorni... di Shoah! Per non parlare poi di Israele, di Palestina, di Siria, ecc.
Lei la ritiene una conquista culturale che i nostri bambini non sappiano neppure cosa ci sia da ricordare nel... giorno della memoria?
Vede, Sig.ra Ministra, siamo partiti da un piccolo episodio. Magari sfuggito ai più, presi come siamo dalla crisi economica, da elezioni sì o elezioni no, dal dramma del terremoto e di una neve che ci ha travolti. Ma io credo che la scuola, se vuole essere buona, come voi ci ripetete continuamente, non può continuare a mettere le regole prima delle persone. Le norme amministrative prima degli alunni.