VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

26 feb 2017

Quando una coppia non è in buona salute

Un figlio... guaritore?

Si racconta che una volta, quando in paese erano il prete, il medico e il farmacista le persone giuste per chiedere consiglio, se andava un uomo perché la moglie era giù, o... poco disponibile, e non si capiva che cosa avesse, molto spesso si sentiva dire: falle fare un figlio! Se poi era lei che andava – lei, di solito più religiosa, preferiva chiedere al prete – perché preoccupata che il marito sfarfallava un po’ e non si decideva a mettere la testa a posto, altrettanto spesso si sentiva dire: fate un figlio, vedrai che metterà giudizio!

Oggi che il prete, il medico e il farmacista stanno perdendo terreno e abbiamo inventato gli psicologi e gli assistenti sociali, non è raro che a una coppia in crisi siano questi a dare il consiglio... giusto (!): perché non fate un figlio?

 

Da qualche anno a questa parte i nostri studi di psicoterapeuti si stanno riempiendo di famiglie in cui lui o lei, o più spesso entrambi, sono reduci da una separazione e hanno deciso di dare vita a una famiglia nuova. Famiglie ricostituite le chiamiamo. Ed è molto frequente che questi nuovi coniugi abbiano già dei figli, nati nel precedente matrimonio. Altrettanto frequente è che a un certo punto sentano il bisogno di mettere al mondo un loro figlio, oltre quelli che già ci sono. Pensando, così, di cementare la nuova unione. Inconsapevoli, purtroppo, che un figlio non dà forza alla coppia, se questa non ne ha.

 

Questo è il punto. Un figlio, quando arriva, potenzia ciò che trova.

Se il legame di coppia è sufficientemente buono, lui contribuisce a rafforzarlo. Consolidarlo. Ma se questo è instabile o traballante, il figlio che arriva gli dà un bello scossone. E non certo perché sia cattivo, o perché sia in sé qualcosa di negativo. È che un figlio che arriva ha bisogno di molta attenzione e di molta energia da parte dei suoi genitori. E non può che restituire, amplificata, quella che respira in casa. Con un’immagine terra terra, potremmo dire che un figlio è come... un amplificatore: se gli mandiamo una bella musica, questo la diffonde e noi ne traiamo grande piacere dall’ascolto. Ma se è rumore o stonatura il segnale che gli arriva, l’amplificatore può diffondere solo questo. E i nostri orecchi non possono che soffrirne.

È una visione elementare? Semplicistica? No, semplicistica no. Semplice, se volete. Perché la realtà è sempre semplice. E nello stesso tempo complessa.

 

Vi racconto una storia. Una delle tante.

Anna e Carlo (tutti i nomi sono inventati; il resto, invece, è vero) convivono da tre anni. Entrambi con una separazione alle spalle. Anna ha due figli, Daniela di 19 anni e Vanessa di 6; il figlio di Carlo, Lucio, ne ha 11, e abita con la mamma. Quando Anna e Carlo vanno a convivere, con loro ci sono anche Daniela e Vanessa. Mentre Lucio viene nella nuova casa del padre due pomeriggi la settimana e un sabato e domenica, compresa la notte, a settimane alterne.

Lo so che vi rimane complicato seguire tutte queste informazioni. Ma questa è la realtà. Di questa e di tante altre nuove famiglie.

Dopo il primo anno di convivenza, decidono di fare un figlio: avrebbe coronato il loro amore. Così pensano. E arriva Bruno. Che adesso ha 9 mesi.

Tra Anna e Carlo le cose non vanno. Liti e discussioni, pane quotidiano. Tutto diventa occasione di scontro. Lucio che viene a casa e Anna che accusa Carlo di passare troppo tempo con lui, trascurando il resto della famiglia; l’assegno di mantenimento che come padre deve dare per il figlio; Anna che sembra guardare solo Bruno; Daniela che porta in casa tutta la sua adolescenza e la mamma che critica Carlo perché quando interviene è troppo duro; Vanessa che, tra l’adolescenza di Daniela e i nove mesi di Bruno, deve scalciare perché i suoi si accorgano di lei (il padre biologico è da tempo scomparso dalla circolazione). A questo punto stanno decidendo di separarsi. Carlo è già un mese che se n’è andato di casa.

 

Adesso ci fermiamo. Con una riflessione.

Sia Anna che Carlo avevano già avuto dei figli con i precedenti partner. E avevano già sperimentato che un figlio non può tenere uniti i genitori se questi non si prendono cura di sé come coniugi. Ma quest’esperienza non è bastata. Di nuovo hanno chiamato in campo un figlio, un altro figlio. Convinti che stavolta avrebbe funzionato: lui li avrebbe protetti dalla crisi.

No. Non funziona. Non funziona. Non può un figlio dare vita a una coppia se questa non ha vita propria.

 

Lo so che non vi piacerà, ma... non fate un figlio per salvare il vostro matrimonio! Fatelo quando sapete prendervi seriamente cura di voi come coppia. A quel punto saprete dargli il giusto posto e la giusta attenzione. E lui vi saprà ricambiare!