16 dic 2018
Per regalare ai figli e a noi stessi un Natale più sereno
Cari genitori separati...
Lo so, dovrei scrivere: cari genitori che vivete in due case separate... perché, come già sapete, anche se qualche volta lo dimenticate, voi siete separati sì, ma separati siete come coniugi. Non come genitori. Tante volte ce lo siamo detti. Ma altrettante volte, credo, abbiamo bisogno di ricordarcelo.
Se come coppia coniugale – sposati o conviventi, non fa differenza da questo punto di vista – avete deciso di separarvi, come genitori resterete sempre uniti. Perché così siete nel cuore e nella mente dei vostri figli. Bambini, ragazzi, perfino adulti. Non conserviamo anche noi, tutti, l’immagine del nostro babbo e della nostra mamma nell’intimo di noi stessi? Perfino quando tra noi si è frapposta la morte: neppure lei, infatti, può cancellare nel cuore di un uomo o di una donna il loro nome e il loro ricordo.
Coniugi lo siete diventati il giorno del vostro matrimonio. O, comunque, il giorno in cui avete deciso di condividere la vita andando ad abitare la stessa casa. Sentivate, allora, di voler coltivare un progetto: il tempo che la vita vi avrebbe messo davanti lo guardavate con il desiderio di viverlo insieme. Per esservi d’aiuto l’un l’altra. Perché anche nel vostro cuore risuonava la verità e la profondità di quel sentimento che oltre venti secoli fa un poeta così cantava: Meglio essere in due che uno solo: / se uno cade, l’altro l’aiuta. / Guai a chi è solo: / se cade non ha nessuno che lo rialzi. / Se insieme dormono, / insieme essi si riscaldano: / uno solo come può riscaldarsi?[1]
Un giorno poi, in questo progetto di condivisione e d’amore, avete chiamato con voi un figlio. Anche più d’uno, magari. E ai vostri occhi questo bimbo, che vi guardava e vi desiderava con tutta la sua forza vitale, era il frutto e nello stesso tempo il terreno fertile del vostro amore. E vi ha ricambiato con un grande regalo: vi ha resi genitori.
Poi il tempo, questa dimensione della vita che, non guidata, può portarci a perdere l’orientamento, pian piano si è frapposto tra voi. E quel progetto che vi aveva portati ad incontrarvi ha iniziato a raccogliere polvere e detriti. Che pian piano si sono accumulati. Interponendosi tra voi. Al punto che un certo giorno, guardandovi, non riuscivate più a riconoscervi. Estranei l’uno all’altro: così vi siete scoperti.
La paura e l’angoscia, alimentate dalla fretta che guidava i vostri giorni e dall’orgoglio che vi ha impedito perfino di chiedere aiuto a chi avrebbe potuto condividere con voi la fatica di togliere la polvere che si era accumulata, e condividere il lavoro per bonificare il terreno della vostra casa dagli elementi che lo stavano inquinando... hanno preso il sopravvento. E quella forza, che anni prima vi aveva portati a costruire un progetto condiviso, ora si stava trasformando in energia di opposizione. Le aree di conflitto, inevitabili in ogni progetto di convivenza, anziché in punti d’incontro, si trasformavano pian piano in mine vaganti. Pronte ad esplodere alla più piccola scossa.
È così che vi siete scoperti estranei. Incapaci di ritrovare l’uno la mano dell’altro. Neppure lo sguardo e il desiderio che vi portavano i figli sapevate più cogliere.
Il clima di precarietà e di paura, alimentato perfino dall’instabilità della situazione socio economica, è diventato terreno di facile apprendimento per una resa. Rapida e veloce. Alla prima difficoltà un po’ impegnativa s’ha da gettare la spugna. Non è il knockout, ma un semplice colpo. Che vi ha messi a tappeto, sì. Ma al primo colpo... chi me lo fa fare? vi hanno insegnato a dire. E subito la resa. Subito la separazione.
So quanto sia doloroso tutto questo. E la facilità con cui molte volte arriviamo a questa decisione non ne diminuisce il dolore.
E Natale non facilita le cose. Anzi. Tutti i dolori, quelli del cuore soprattutto, sono amplificati. Felici per forza ci vogliono la pubblicità, il mercato, il mondo dello spettacolo. Perfino certa religione. Ma felici per forza non funziona. Vorrei fare una carezza al vostro cuore: so che non è facile che vi arrivi. Ma c’è chi può farlo. Provate a guardare. Sono i vostri figli. Bambini o ragazzi. Nel loro cuore voi, se pur abitanti di case diverse, se pur separati agli occhi della legge e liberi di costruire nuovi legami, restate sempre per loro la mamma e il babbo.
Provate a regalare loro giorni di festa un po’ più sereni. Non incastrateli in discussioni su quando, dove e con chi stare quel giorno o quell’altro. Regalate loro un po’ di pace. E questa pace vi ritornerà potenziata e amplificata.
Restate pure separati come coniugi. Nel rispetto. Sotterrando le asce di guerra. Ma provate a ritrovarvi come genitori: è il regalo di Natale più bello che i vostri figli potranno mai ricevere. E a voi ritornerà, potente, la loro benedizione.
[1] Qoelet 4,9-11