VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

22 lug 2018

Un pensiero di vita: il MALE è soltanto la lontananza dal BENE

Ha incontrato un satana

Sandro ha vent’anni. Dall’età di quattro suo padre, un medico, lo porta alla villa. Così in questa grande città del nord chiamano quella casa in cui si riuniscono persone che coprono le loro perversioni con presunti riti religiosi. A copertura e protezione di una sessualità malata s’erano costruiti anche un dio cui avevano dato pure un nome: satana. A lui rivolgevano invocazioni. A lui offrivano riti e sacrifici che vedevano vittime bambini che, al di là di tutto, continuavano a fidarsi di genitori affogati nelle loro perversioni. Genitori incapaci. Criminali.

 

I bambini sono come uova in mezzo alle pietre dice un proverbio thailandese. Incontrando Sandro, mi sono chiesto come sia potuto sopravvivere a tanto inquinamento. E a tanta violenza. Ora suo padre è morto. Suicida. O suicidato? – come pensano lui e sua madre, visto che di lì a poco sarebbe partita un’azione giudiziaria che avrebbe potuto coinvolgere troppe persone importanti. Sandro è riuscito a finire la scuola. Si è diplomato. Ma ancora porta in sé i segni di tanta sofferenza. Lui e sua madre ce la stanno mettendo tutta per bonificare la loro vita. Non sarà facile. Ma non impossibile. Il BENE è più forte del male.

 

È qui il punto. Perché un grosso rischio possiamo correre anche noi, che pure siamo stati risparmiati da tanta sofferenza e malvagità. Il rischio di cadere nella trappola di personificare il male. Di credere, cioè, che il male sia una persona, quindi abbia un nome: satana, diavolo, demonio, o comunque lo vogliamo chiamare.

Qui, dobbiamo riconoscerlo, le religioni hanno una grossa responsabilità. Quando accanto al nome di Dio una religione va a mettere altri nomi quasi fossero dei mini-dèi o dei contro-dio, non solo contraddice se stessa, ma crea mostri. Che servono solo a incutere paura, a seminare panico. Quasi fossero qualcuno che possa catturarci e prenderci in suo potere. Non esiste il qualcuno. Non esiste un essere vivente che sia il male. Il male assoluto.

I seguaci di Mani (III sec. d.C.), i manichei, credevano in un principio del bene e un principio del male, un dio e un diavolo. Il mondo sarebbe nato dalla lotta tra l’uno e l’altro. Di qui la presenza, nel mondo, di questi due ingredienti, il bene e il male.

Ma il MALE non è qualcuno. Diavolo o satana o demonio o qualunque altro nome vogliamo dargli. Non c’è nome. Perché non c’è qualcuno. Il male è l’assenza del bene. Meglio, è la lontananza dal bene.

 

Provo con un esempio. La fisica c’insegna che c’è l’energia. Esiste la luce. E la vicinanza o la lontananza da essa. Non c’è l’oscurità. La tenebra assoluta. L’oscurità è tanto più forte quanto più lontana è la fonte di luce. L’oscurità non ha frequenza, perché non è energia. È la luce che ha una frequenza, che varia a seconda del colore o dell’intensità. La non-luce non esiste. Qualcuno dirà: ma di notte al buio non ci si vede. Certo. Ma è il nostro occhio che per vedere ha bisogno di ricevere un’energia (una luce) con una gamma di frequenze in grado di stimolarlo. Altri strumenti, infatti, sanno vedere anche quando il nostro occhio non può farlo: essi rispondono a frequenze che il nostro occhio non sa percepire.

 

Quella setta di fanatici che frequentava il babbo di Sandro, lui stesso, e tutti coloro che si definiscono devoti o cultori di un satana qualunque, sono o prigionieri di perversioni, o vittime di altri che approfittano della loro fragilità o dabbenaggine.

Personificare il male significa creare un falso. Se chi lo fa è una persona autorevole – un insegnante per esempio, un uomo di religione, un educatore, un genitore, ecc. – deve sapere che sta arrecando un grave danno a chi gli si riferisce. A chi lo guarda come un punto di riferimento per la propria vita.

Guardiamo queste due parole, spesso abusate nel nostro linguaggio, e ad alto rischio di venire personificate: satana e diavolo. Satana è una parola dell’antico ebraico: śatàn significa avversario, nemico. Diavolo deriva dal greco dià-bàllo: significa portare separazione, divisione, mettere in contrasto. Quando le usiamo, o le sentiamo usare, è importante ricordare che esse non parlano di una persona, ma sono come metafore, indicano delle funzioni.[1]

 

Torniamo al titolo. Ha incontrato un satana, ho scritto. Chi è stato il satana per Sandro? Suo padre prima di tutti. Gli altri che hanno approfittato di lui. In parte anche sua madre, incapace di reagire e di tutelarlo dall’avversario, dal nemico in cui si era trasformato colui che pure gli aveva dato la vita: il padre.

Ora Sandro e sua madre hanno bisogno di ritrovare il BENE. Di restituirgli vita e alimento. Hanno bisogno di avvicinarsi alla LUCE per scoprire che i loro occhi funzionano. Che la loro vita è nelle loro mani. E vale la pena di essere vissuta.

 

[1] Cfr. La mente e l’anima, Vol. 4, pag. 112 Il satana da lapidare