VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

9 set 2018

Francesco cambia la dottrina della chiesa sulla pena di morte

Il Vangelo e la naftalina

Finalmente, anche con una dichiarazione ufficiale, la Chiesa riconosce l’ingiustizia e la disumanità della pena di morte. Stavolta Francesco ci ha dato una bella lezione di coraggio – nonostante sappia bene, ormai, che il coraggio non è inquilino gradito nei sacri (!?) palazzi: ulteriore riprova proprio questi giorni...

È del 2 agosto il documento con cui viene cambiato il Catechismo. Il vecchio testo: «L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani [...]».[1]

Il nuovo, che sostituisce il precedente: «[...] la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».[2]

 

Dalla storia sappiamo che anche nello Stato della Chiesa la pena di morte era una pratica piuttosto frequentata. Giovanni Battista Bugatti, il boia più famoso dello Stato Pontificio, detto Mastro Titta, pare ne abbia eseguite ben 516. E la pratica si è protratta fino alla fine, nel 1870. Dalla Legge Fondamentale del Vaticano è stata abolita formalmente il 12 febbraio 2001. Lo stesso Francesco dice: “Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. [...] La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo”.

 

Perché ho parlato di lezione di coraggio? Due le ragioni.

La prima, per il contenuto. La vita delle persone è sacra e nessuno, né cittadino né stato, può sentirsi autorizzato ad uccidere. Ci sono molte cause per le quali sono pronto a morire, nessuna per la quale sono pronto ad uccidere, diceva Gandhi. Ora che anche la Chiesa cattolica sia giunta a questa conclusione, e s’impegni per portarla al mondo intero, credo proprio che sia segno che il Vangelo lo stiamo prendendo sul serio.

C’è poi una seconda ragione che mi fa parlare di lezione di coraggio: è l’insegnamento che Francesco ci dà su come ascoltare il Vangelo. Mi spiego. Il Vangelo è sempre lo stesso, da duemila anni ad oggi. E tale resterà. Ma nel tempo ciò che cambia e cresce è la comprensione che abbiamo del messaggio di Gesù. Lui stesso, consapevole, l’aveva detto, salutando i suoi: “Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutte le cose che io vi ho detto”. E dopo un po’ aggiunge: “Ho da dirvi ancora molte cose, ma ora non potreste comprenderle. Quando verrà lo Spirito di Verità vi guiderà nella verità piena”.[3]

 

La comprensione del Vangelo evolve. Con il progredire della storia. E crescerà sempre di più. Questa è l’azione dello Spirito di cui parlava Gesù. Ed è questo che certe volte molti cristiani, perfino uomini di chiesa, fanno fatica a comprendere. Soprattutto quando ci troviamo davanti a problematiche nuove che chiedono di essere ascoltate e colte con un’attenzione nuova.

Molto chiaro, anche su questo, Francesco: “La Tradizione è una realtà viva e solo una visione parziale può pensare al deposito della fede come qualcosa di statico. La Parola di Dio non può essere conservata in naftalina come se si trattasse di una vecchia coperta da proteggere contro i parassiti. No. La Parola di Dio è una realtà dinamica, sempre viva, che progredisce e cresce perché è tesa verso un compimento che gli uomini non possono fermare”. Dunque “non si può conservare la dottrina senza farla progredire né la si può legare a una lettura rigida e immutabile, senza umiliare l'azione dello Spirito Santo”.[4]

 

Sono parole queste che come comunità di credenti (= Chiesa) abbiamo bisogno di ascoltare. E di meditare. Troppe volte incontriamo cristiani, cattolici, che gridano allo scandalo di fronte a pensieri che cercano di ascoltare le domande che la vita di oggi ci pone davanti e con le quali le generazioni precedenti o non dovevano misurarsi o non ne erano ancora pronte. Restare inchiodati al passato, perché si è sempre fatto così, significa umiliare l’azione dello Spirito.

Forse un po’ più spesso dovremmo far risuonare nel nostro cuore quelle parole che in più occasioni diceva ai suoi il Maestro di Nazareth: non abbiate paura!


 

[1] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2267

[2] Congregazione per la Dottrina della Fede, 2 agosto 2018

[3] Giovanni 14,26; 16,12-13

[4] Passim dal Discorso di Francesco, 11 ottobre 2017