16 set 2018
Criterio di validità è la scienza, non i luoghi comuni di un’opinione pubblica
Tra pedofilia e omosessualità
Questi giorni abbiamo a che fare con il tema delle vaccinazioni dei nostri bambini. Stiamo rischiando addirittura di far diventare criterio di validità, per una decisone o per l’altra, non le conoscenze che la scienza medica oggi è in grado di fornirci, ma l’umore della maggioranza. Speriamo di uscirne presto.
Un’altra problematica sulla quale facciamo ancora difficoltà ad ascoltare quanto la scienza, medica e psicologica, sa dirci, è relativa ai temi della pedofilia e dell’omosessualità. E mi dispiace che questa confusione continui a presentarsi anche nel nostro settimanale. Lo so che non dovrei meravigliarmi, visto che un giornale non può che riflettere i pensieri che abitano il contesto culturale in cui si colloca. Chi sa, forse il problema è che io sono ancora dell’idea – vecchia? da superare? – che la stampa dovrebbe svolgere anche una funzione... educativa.
Nel numero scorso, ben due articoli hanno evidenziato come la chiesa, finalmente, abbia trovato il coraggio di affrontare il dramma della pedofilia che ha visto coinvolti alcuni – troppi! – uomini di religione, preti e vescovi. Problema serio. Terribilmente serio. Indice, comunque, che anche tra loro possono evidenziarsi problematiche e patologie come in qualsiasi altra categoria di persone: l’essere prete o vescovo non colloca l’individuo al di là della dimensione umana in cui tutti ci ritroviamo accomunati.
In uno di questi articoli, però, ho trovato con sorpresa la confusione, che ancora in alcuni ambienti si continua a fare, tra la pedofilia e l’orientamento affettivo-sessuale. Analizzando alcune macerie che affliggono i nostri giorni, nella società civile e in quella religiosa, l’autore scrive di «macerie lasciate dalle violenze e dagli abusi relativi all’omosessualità operati da uomini di chiesa», e poco dopo «la chiesa non sarà distrutta dagli scandali omosessuali di alcuni suoi esponenti».
Se colgo con piacere, condividendolo, il desiderio di Riccardo che il fiore della speranza torni a splendere, devo dire però che la sua analisi non è corretta. Il problema con cui la chiesa, finalmente, si sta misurando non è l’omosessualità – che io preferisco chiamare omoaffettività, come ho già scritto diverse altre volte – tra i suoi uomini, ma gli scandali e le violenze della pedofilia. Che è tutt’altra cosa. Sia dal punto di vista scientifico, sia da quello comportamentale.
Si tratta, cioè, di quella violenza che un adulto, incapace di rapportarsi alla pari con un altro adulto, mette in atto nei confronti di un bambino o di un ragazzino, violando la sua intimità, la sua sfera affettiva-e-sessuale.
La scienza, medica e psicologica, si esprime con molta chiarezza su questi temi.
L’omoaffettività è un fenomeno che rientra in un contesto di normalità. Non in senso statistico – gli omoaffettivi, uomini o donne, sono esigua minoranza rispetto alla totalità della popolazione – ma in senso clinico. In altre parole l’omoaffettività non è una malattia ma un’espressione diversa della normalità. Una strada diversa, da quella della maggioranza, per rispondere a quel bisogno fondamentale di ogni essere umano che è vivere una relazione d’amore tra persone adulte.
La pedofilia, invece, è un disturbo, cioè una malattia. Che coinvolge tutta la sfera affettiva e maturativa di una persona. E come tale deve essere affrontata. La persona che presenta questo disturbo ha bisogno di sottoporsi ad un trattamento terapeutico serio e profondo. Sapendo anche che il più delle volte chi mette in atto questi comportamenti ha subìto a sua volta, nell’infanzia o nell’adolescenza, violenze simili. Spesso perfino all’interno della propria famiglia.
E non c’è differenza, qui, tra la persona omo-affettiva e la persona etero-affettiva: nessuna ricerca scientifica e nessuna statistica epidemiologica sostiene che gli omoaffettivi rischiano di diventare pedofili più degli eteroaffettivi.
Noi abbiamo parlato già diverse volte di queste tematiche.[1] E devo dire che ancora mi sorprendo che tante persone, anche di buon livello culturale come insegnanti, educatori, giornalisti e altri professionisti, continuino a restare dentro questa confusione.
Solo un ultimo pensiero per quanto si riferisce al problema della pedofilia all’interno della chiesa.
Accanto alla tolleranza-zero, cioè alla non copertura dei casi che di volta in volta si presentano, è altrettanto necessario porsi anche un altro problema. Che potremmo dividere in due aspetti. Da una parte la necessità di aiutare queste persone ad entrare in un processo terapeutico che le aiuti a guarire da una così grave patologia. Dall’altra la necessità che, nel processo di formazione, si lavori sempre più seriamente sull’aspetto della maturazione affettiva con chi si assumerà un compito così impegnativo come quello di fare il prete. Educatore e maestro di spiritualità.
[1] La mente e l’anima, Vol. 2°, pag. 74, pag. 77, pag. 255; vol. 4°, pag. 40