17 mar 2019
Quaresima: quaranta giorni... per ritrovarci
C’è tempo e tempo
Il tempo è un parametro oggettivo. Meglio, il tempo era un parametro oggettivo. Finché non è arrivato Einstein. Con la sua teoria della relatività ci ha scombinato tante certezze. E tra queste è andato a incrinare proprio una dimensione che ci rassicurava tanto: un anno è un anno, cento anni sono cento anni. Invece il tempo non è così semplice e lineare come diceva Newton. Esso scorre a diverse velocità. Tempo e spazio sono in stretta correlazione: se aumenta l’uno, diminuisce l’altro. Due grandezze che non possono essere osservate separatamente: al punto che oggi la fisica parla di spaziotempo. Il tempo, cioè, non scorre allo stesso modo per tutti. Va più lento per chi è in movimento, è più veloce per chi sta fermo.
Niente paura, comunque. Le velocità con cui ci muoviamo nel nostro pianeta questa variazione non permettono di percepirla, né questa incide sull’organizzazione della vita – per fortuna, dico io!
Il bisogno di misurare il tempo ha da sempre accompagnato l’umanità. Il primo orologio, usato fin dalle origini, è la terra che gira su se stessa: ogni giro un giorno. Così è dalla fondazione del mondo. Così sarà fino alla fine. Poi fra 8miliardi di anni, quando il sole sembra che dovrà collassare... chi vivrà vedrà.
Ma noi abbiamo avuto bisogno di organizzarci nella vita concreta, nelle relazioni tra persone, negli spostamenti, nel lavoro, nei rapporti internazionali... quindi abbiamo dovuto dividere ulteriormente il tempo che madre terra ci indicava con il susseguirsi dei giorni. Così ci siamo messi a costruire strumenti che ci dessero una misura del tempo che fosse insieme condivisa e precisa. E dalle meridiane e dalle clessidre, attraverso orologi prima meccanici poi elettronici, siamo arrivati all’orologio atomico. Ci siamo affidati all’atomo del cesio, un materiale raro, che ci dà un ticchettio perfetto: con i suoi 9.192.631.770 tic definisce il secondo. Tutti gli orologi del mondo fanno riferimento alla perfezione e stabilità di questo minuscolo e straordinario oggetto: l’atomo di cesio. Ma la ricerca continua e sembra che siamo arrivati ad un orologio che perderebbe 1 secondo in 15miliardi di anni – che sono più dell’età dell’universo, che non raggiungerebbe i 14 miliardi! Così, per noi che viviamo sulla terra e ci muoviamo alle velocità che ci consentono i nostri mezzi, abbiamo ritrovato la precisione nella misura del tempo. E quel tanto di stabilità di cui avevamo, e abbiamo, bisogno.
Ma la precisione della macchina, necessaria per l’organizzazione sociale, la rimettiamo di nuovo in crisi. Stavolta, però, non è una scoperta della scienza. Stavolta è un bisogno dell’anima.
In tutte le culture, laiche o religiose, ci siamo dati momenti e periodi diversi. Per qualità e per intensità di significati. Nell’antica lingua greca due parole venivano usate per dire tempo: chrònos e kairòs. Il primo indica il tempo che scorre: quello che misuriamo con l’orologio appunto, con il calendario. Kairòs invece indica il tempo opportuno, il tempo propizio. Il giusto tempo per costruire una cosa, per fare una scelta, per iniziare o portare a termine un progetto. È quel tempo che ci dice: guarda, è ora!
La società civile si dà momenti-kairòs. Dei tempi che aiutino a riflettere e a guardare la strada che la società stessa sta seguendo. Il giorno della memoria (shoàh), il giorno del ricordo (foibe), il giorno per riflettere sulla violenza contro le donne, l’8 marzo... solo alcuni dei tempi forti, momenti-kairòs, della società civile.
Anche come società religiosa abbiamo bisogno di tempi forti. La quaresima dei cristiani, il ramadan dei musulmani, ad esempio. Mercoledì scorso noi cristiani siamo entrati nel tempo della quaresima: uno di questi momenti-kairòs che la tradizione cristiana ci offre. Un tempo di digiuno. Un tempo di silenzio. Sì, perché l’uno e l’altro non sono che le due facce della terapia di cui ha bisogno il nostro spirito se vuole disintossicarsi dalle abbuffate con cui quotidianamente rimpinziamo il nostro tempo. Il rumore, le corse, le chiacchiere. Facebook, Twitter, Instagram, telefonini, tablet, computer, sms, WhatsApp, Skype, tv, iPod, discoteche, alcool, fumo, gioco, grandi mangiate. Poi... lavoro, lavoro, lavoro.
E perdiamo il tempo della Vita. Il tempo per le relazioni umane, il tempo con la famiglia, il tempo con i bambini, il tempo con i vecchi. Il tempo dell’ascolto: per ascoltare il nostro cuore, per ascoltare le persone che vivono con noi.
Digiuno e silenzio diventano allora una terapia efficace per ridarci Vita. Per farci accorgere che non siamo zombi che camminano – meglio, che corrono – ma che siamo donne e uomini vivi. Che con noi ci sono gli altri che insieme a noi condividono questo tempo. Che è il tempo della Vita.