24 feb 2019
Dall’OMS allarme sordità per i nostri giovani
Il veleno nell’orecchio
“Addormentato nel mio giardino, com’era sempre mio costume nel pomeriggio, giovandosi della mia sicurezza, tuo zio venne furtivo presso di me con una fiala di iosciamo, ch’ei mi versò in un orecchio. Quel liquore fatale è così nemico dell’uomo, che, rapido come l’argento vivo, invade tutti i canali del corpo, e fa ristagnare il sangue più puro come una goccia d’acido nel latte. [...] Così, nel sonno, per mano d’un fratello persi di colpo la vita, la sposa e la corona”. È lo spettro del padre che racconta ad Amleto come fu ucciso dal fratello Claudio, zio di Amleto, ora re e sposo di sua madre.
Ma non è il veleno di Claudio nell’orecchio del fratello che oggi voglio guardare con voi. È un altro veleno. Altrettanto potente. Non toglie la vita. Ne riduce la qualità: toglie l’udito.
Ricordate Andrea, il bambino di dieci anni che abbiamo incontrato due settimane fa? Tutto orgoglioso perché, mentre i suoi dormivano, lui era capace di restare sveglio fino a tarda ora con il suo tablet e le cuffie negli orecchi? Ecco. Questo è il veleno di cui parliamo oggi.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 1miliardo e ½ di giovani nel 2050 avrà problemi di sordità. 900milioni di questi soffriranno di una sordità disabilitante. Nove anni fa, nel 2010, erano soltanto 360milioni; 460 nel 2017.
Attenzione. Se il 2050 ci sembra lontano, consideriamo che a quella data avranno appena trent’anni i bimbi che nascono oggi, e sì e no una quarantina il nostro Andrea e tutti i bambini della scuola primaria (scuola elementare). Se vi pare che a trenta quarant’anni avere seri problemi d’udito non sia debilitante...
La causa? Niente iosciamo o succo del tasso, come nell’orecchio del povero re Amleto. Sono i nostri telefonini. E, in loro compagnia, i vari iPod, tablet e lettori vari. Le cuffie attaccate agli orecchi per tanto tempo e a volume molto elevato. Aggravato, ovviamente, dall’inquinamento acustico che tutti ci dobbiamo sorbire in città o nelle fabbriche, e dal volume da ciclopi che abitualmente intasa il tempo delle discoteche.
Tutti sappiamo che se una cosa ci reca danno, due sono i parametri che dobbiamo valutare: la quantità (in questo caso l’intensità del volume) e la durata nel tempo. Trattandosi di danni organici, poi, c’è un altro parametro da considerare: l’età del soggetto.
Circa il volume, l’OMS, nel lanciare l’allarme, propone di adottare un software che mantenga automaticamente il volume d’ascolto entro gli 85-100 decibel. Finora solo l’UE ne condivide l’allarme. Ma i nostri apparecchi non sono ancora forniti di questa tecnologia. Quindi il volume continua ad essere altissimo. Fateci attenzione: quando vi passa vicino un ragazzo con le cuffiette attaccate agli orecchi – e non è certo difficile incontrarne! – non succede che anche voi ne sentite il suono? Pensate cosa starà arrivando, in quel momento, a quei poveri malcapitati orecchi. La membrana timpanica possiamo vederla come la pelle di un tamburo che viene colpita da colpi violenti e continui. Per di più, e questo ne aggrava il trauma, senza nessun compenso dall’altra parte: la vibrazione arriva solo da un lato, cioè a senso unico, diversamente dall’ascolto normale, ad orecchio aperto, quando le vibrazioni raggiungono il timpano da entrambi i lati. Quindi più facilmente ammortizzabili.
Circa il tempo d’ascolto. Più lungo è il tempo d’esposizione a questo bombardamento, più grave e rapido a formarsi è il danno che l’orecchio subisce. Ascoltare per un’ora nell’arco di una giornata o per più ore, come tanti ragazzini fanno, sì che fa la differenza.
E l’età? Per il nostro Andrea, che ha 10 anni, a parità di intensità di volume e di tempo d’esposizione, il danno è assai maggiore di quello che subirebbe l’orecchio di suo padre, per esempio, o di sua madre. Ma loro... dormono!
Volete che aggiunga altro? Circa il veleno nell’orecchio credo che, almeno per oggi, possa bastare. Ragazzi, lo so che voi a dieci, tredici o quindici anni non ci pensate neppure al danno che state recando al vostro udito. Quindi la domanda diventa: dove stanno i genitori?
Proprio per voi genitori ora, per salutarci, un altro dato. Risulta che nel 30% delle famiglie – quindi una su tre – si usa dare il telefonino o il tablet al bambino entro il 1° anno di vita, per farlo mangiare o per farlo stare tranquillo. Nel 70% – più di due su tre – quando il figlio che non ha ancora due anni. Con grandissimi rischi. Per la salute fisica: problemi alla vista, alla postura e... all’udito. E per la salute mentale: il bambino impara a chiudersi in un rapporto privilegiato con lo strumento invece di imparare a relazionarsi con gli altri.
Aiutiamo i bambini a usare la tecnologia. E non ad esserne usati. Come? Limitiamone il tempo e restiamo con loro mentre la usano. Ma su questo dovremo tornarci...