25 ott 2020
Un anno fa, 26 ottobre, moriva il nostro Riccardo Ceccarelli
Caro amico, ti scrivo...
... così mi distraggo un po'
E siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Ricordi? Così cantava Lucio Dalla. È già passato un anno, Riccardo, da quando te ne sei andato. Fino alla fine eri rimasto con noi. Ci avevi salutato con il tuo ultimo pezzo, scritto appena qualche giorno prima di morire. Ci accompagnavi nella visita ai cimiteri. E c’invitavi a ritrovare, in quel luogo e in quel momento particolari, la compagnia di un po’ di silenzio. Ora lì vi hai trasferito la tua residenza. Vi hai deposto il tuo corpo. Piuttosto affaticato negli ultimi tempi. Mentre il tuo spirito, da un anno ormai, sta volando in una dimensione a me, a noi, ancora sconosciuta.
Dalla, nella sua poesia, sentiva l’amico molto lontano. A me piace pensarti, invece, molto vicino. In una vicinanza che sfugge ai miei occhi, ma che, quando riesco a coglierla, mi accarezza il cuore. Perché in questa vicinanza riesco a sentire persone che, come te, hanno attraversato la morte, ma che non so pensare scomparse dalla mia vita. Mio padre, mia madre, amici che con me hanno condiviso tempo ed esperienze. Perfino persone che a me avevano chiesto d’essere tenute per mano nel percorrere strade e passaggi che sentivano troppo difficili per attraversarli da soli.
Quando mi fermo ad ascoltare queste voci mi scopro a perdere il conto. Sono di più coloro che ancora incontro per la strada e con cui condivido impegni e pensieri, o quanti che, lasciata questa vita, condividono con te quella dimensione dell’esistenza che io, noi, non siamo ancora in grado di conoscere?
È un anno che la nostra pagina 4 non ti vede. Vuoi sapere se ci manchi? Sicuramente sì. A molti di noi. E a me? Sì, anche a me. Eravamo spesso su luoghi diversi. Il nostro pensiero era catturato, il tuo più a valorizzare e conservare quanto il tempo aveva costruito e consolidato, il mio più dal richiamo delle esigenze di cambiamento in una società in evoluzione. Le nostre pagine spesso apparivano lontane. E lo erano, nei contenuti e nelle posizioni. Ma c’era una cosa che secondo me le univa: il desiderio di cogliere la Verità e d’individuare e indicare le possibili strade per incontrarla. Nelle problematiche che si ponevano davanti alla società civile e alla comunità dei credenti. La chiesa. Questioni che è impossibile non ascoltare, e con le quali non si può non tenere aperto il conto.
Due oggi ne voglio condividere con te.
Una che ci coinvolge tutti. Donne e uomini, giovani e vecchi, credenti e non credenti, progressisti o conservatori, di sinistra o di centro o di destra. Anche chi non si riconosce in nessuna posizione. Se potessi vederci, appena fuori casa, per strada o nel posto di lavoro, a scuola o al bar, nei negozi o in chiesa, di sicuro ti chiederesti cosa stia succedendo. Tutti mascherati. Come tanti chirurghi in sala operatoria attenti a non proiettare virus o batteri potenzialmente patogeni in un corpo aperto dal bisturi. Sai, è che stiamo cercando di difenderci da un nemico di cui, fino a pochi mesi fa, nessuno avrebbe mai immaginato doverci occupare. Un microscopico infido virus s’è insinuato tra noi. Tanto pericoloso quanto invisibile. Del tutto impensabile, inimmaginabile, solo un anno fa, nel tempo che ancora condividevi con noi.
Sì, speriamo di cavarcela. Ma ce la dobbiamo mettere propria tutta. Ah, dimenticavo. Per non farci mancare niente, abbiamo anche i negazionisti. Che vuoi? L’intelligenza umana non ha limiti!
L’altra questione di cui ti voglio dire ci riguarda da vicino come cristiani. Forse meglio, come cattolici. Nel tempo della tua vita mortale ti ricordo sempre attento a leggere qualche giornale. Non so quali ti arrivino nell’aldilà. Di sicuro hai sentito che spettacolo di miseria ci stanno mostrando certi uomini di chiesa. Vescovi, monsignori e cardinali con le mani immischiate in questioni finanziarie e in traffici di danaro oscuri e, a quanto ci è dato sapere, poco puliti. Conflitti e rivalità giocati senza neanche l’ombra d’un po’ di pudore. Non so, Riccardo, che ne pensi. Mi sarebbe piaciuto sentire i tuoi Contrappunti. Due settimane fa ho scritto Il Vaticano non è la Chiesa. Proponendo qualche pensiero alla luce della fine dello Stato Pontificio. Scandalo ai tempi dei Pio IX, benedizione della Divina Provvidenza per il futuro Paolo VI.[1] C’è ancora da camminare, dicevo, nella direzione di una totale libertà per il Papa da ogni residuo di potere politico temporale. Son proprio curioso di sapere cosa ne avresti scritto tu, da storico qualificato qual eri. Non ti nascondo che mi piace pensare che saresti stato d’accordo con me su quest’analisi. E su questo desiderio.
Ora non so come salutarti. A presto? A fra qualche anno? Chi sa. Ciao, Riccardo. Tra questa immensità s’annega il pensier mio.
[1] Card. Montini, Visita in Campidoglio, 10 ott. 1962