VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

19 apr 2020

Agli... arresti domiciliari. Un dialogo con noi stessi

Conflitto d’interessi

Tranquilli. Non parliamo del conflitto d’interessi che incontriamo nel mondo della politica. Al culmine della sua virulenza durante il recente ventennio, ma già presente prima e, purtroppo, anche dopo. No. Il conflitto d’interessi che guardiamo oggi è dentro noi stessi. Non facile da gestire. Fonte, spesso, di sofferenza. Chiusi in casa, agli arresti domiciliari, in un dialogo forzato con i nostri coinquilini. E, soprattutto, con noi stessi.

Se noi fossimo, come pensiamo sia il virus che ci minaccia, solo biologia, non ci sarebbero grossi problemi: basta avere il cibo necessario e l’aria per respirare. Ma noi siamo anche psicologia. Corpo e mente sono le nostre dimensioni. E non ce n’è una che ha più diritti dell’altra. Sono come le due facce della medesima moneta – che siamo noi. Se cede una, cede pian piano anche l’altra. Se vive una, anche l’altra è vitale.

 

Questi giorni il nostro corpo, per difendersi dall’assedio di Covid19, ha bisogno di restare chiuso in casa. Isolato dagli altri. Chiunque altro può diventare un pericolo per me, come io posso esserlo per lui. Allo stato delle nostre conoscenze non siamo in grado di attivare altra protezione. Chiuderci dentro le mura e sollevare il ponte levatoio. Nella speranza che cibo, aria e acqua non ci vengano meno. Il nostro corpo, la dimensione biologica dell’essere umano, è a posto.

 

E la mente? La mente ha altre esigenze. Lei non ama la chiusura. Ha bisogno di essere in relazione. L’essere umano è un animale relazionale.

Due dimensioni presenta la mente. La dimensione cognitiva e la dimensione affettiva. Ne abbiamo parlato più volte, ma oggi ci torniamo nel contesto della situazione d’emergenza che stiamo vivendo.

La dimensione cognitiva della mente si alimenta con la conoscenza. Abbiamo bisogno di conoscere, di sapere. Guardare la tv, leggere il giornale, leggere un libro, fare le parole crociate, giocare a scacchi... tutte attività che sono cibo per la mente cognitiva. Qualche cibo è molto buono e salutare, altri più scandenti. Leggere un buon libro è sicuramente cibo buono. Bere fake news, cioè balle, dal mattino alla sera è piuttosto inquinante. Ma la mente lo prende, anche se inquinante, perché ha comunque bisogno di nutrimento. E piuttosto che morire di fame, ingerisce anche cibo avariato. È la sua forza. E contemporaneamente il suo limite.

Poi c’è la dimensione affettiva. Emozionale. Ed è questa che soffre maggiormente la situazione attuale. Restare chiusi in casa le è intollerabile. Soli. O anche soltanto con la nostra famiglia. Quale delle due situazioni è più pesante? Entrambe hanno pesi e leggerezza. La solitudine è dura, non hai nessuno con cui scambiare una parola. La casa è vuota e sarebbe proprio bello condividerla con un’altra persona! Stare insieme, sempre gli stessi, ci si pesta i calli l’un l’altro. Non c’è un momento di pace. Beato te che non ti rompe nessuno! Beato te che hai sempre qualcuno con cui scambiare una parola, uno sguardo, una carezza – sì, perché in casa tra conviventi ci si può anche accarezzare e abbracciare!

Come sempre, ciascuno sente ciò che gli manca. Con il rischio di non apprezzare ciò che ha.

 

Abbiamo bisogno di stare soli, isolati da contatti esterni. A quanto sappiamo è l’unica strada per bloccare la pandemia. Ma abbiamo anche bisogno di uscire, d’incontrare altri, se no scoppiamo. Come conciliare questi opposti bisogni? Come superare questo conflitto d’interessi che ci abita? A questa domanda non abbiamo risposte risolutive. Averne la consapevolezza è un primo passo. Un importante passo. Saperlo ci permette di dare un senso al disagio che la reclusione ci fa vivere. Non siamo malati se lo sentiamo. È nella nostra normalità viverlo.

Quindi restiamo in casa. E coltiviamo anche la nostra mente, cognitiva e emozionale.

 

Ma... con queste due dimensioni non abbiamo esaurito l’essere umano. Ce n’è una terza che pure chiede di essere ascoltata. Possiamo chiamarla anima. O, più semplicemente, la dimensione spirituale. Non necessariamente religiosa – nel senso che possiamo anche non aderire ad una religione. Le religioni, quando non diventano accumulo di norme, regole, tradizioni, riti, possono essere una buona fonte di Energia spirituale.

Il digiuno dai riti e dalle cerimonie religiose che abbiamo vissuto in questi giorni di Pasqua, per esempio, è stata una buona occasione per riscoprire la dimensione spirituale della religiosità. Liberata da riti che spesso si esauriscono in manifestazioni esteriori, ci ha offerto l’occasione per riconsiderare il significato della Pasqua. Dell’incontro-scontro tra la morte e la vita. Un’occasione per ascoltare la domanda di fondo che ci abita: qual è il senso di questa vita. Del mio essere nel mondo, dell’esserci in questo momento storico, dell’esserci proprio con queste persone che incontro ogni giorno.

Anche la dimensione spirituale è alimento di vita. Poterla coltivare significa riconoscere nella sua pienezza la nostra umanità.