18 ott 2020
Combattuti tra il desiderio e il timore dell’altro
Homo homini... virus?
Ricordate aprile? Chiusi in casa nel tentativo di proteggerci dal nuovo nemico che ci stava assediando. Per provare a comprendere quale fosse il nostro rapporto con virus e batteri avevamo incontrato Erasmo da Rotterdam, un filosofo e teologo del ’500. Homo homini aut deus aut lupus (l’uomo per l’altro uomo o è un dio, cioè amico, o un lupo, cioè pericoloso) aveva scritto.[1] Dentro questa doppia cornice c’eravamo collocati nel leggere questa strana convivenza tra noi, homo sapiens, e questi ambigui, misteriosi, microscopici esseri. Milioni di questi ci proteggono la vita. Altrettanti forse – chi li può contare? – pronti ad aggredirla.
Maggio. I primi passi fuori casa. Guardinghi prima, attenti che gli assedianti non fossero lì, nascosti, per ghermirci di nuovo. Poi, man mano, sempre più fiduciosi di potercela fare. Tentativi di spiegazione, da uomo della strada o da esperti, ci venivano proposti: il virus si è indebolito, il caldo lo tiene sotto controllo... Fino addirittura a sentire uomini della politica o della società bene, perfino qualche capo di governo, bulleggiare, facendo bella mostra della propria potenza. Salvo poi ritrovarsi, essi stessi, aggrediti e segnati.
Siamo ancora all’aperto. E continuiamo a restarci. Ma l’assedio è ripreso. L’assedio del virus e l’assedio dei mezzi di comunicazione. Metà di un telegiornale è fatta di nuovo solo di numeri, numeri e numeri. Numeri dei tamponi, numeri dei positivi, numeri dei ricoverati, numeri di morti. Ogni tanto anche qualche numero di guariti.
Siamo all’aperto, dicevo. E contiamo di poterci restare. Non è facile, dopo la pausa di respiro che ci ha regalato l’estate, riattivare quegli atteggiamenti di attenzione e di prudenza che la scorsa primavera avevamo coltivato. Ora usciamo. C’incontriamo. C’incrociamo sul marciapiede. Ma... avete visto gli sguardi? Guardiamo l’altro che ci passa accanto, ma lo sguardo ha il colore del sospetto: non sarà pericoloso? Non mi passerà il virus?
Siamo chiamati a tenere la distanza e a indossare la mascherina. Sacrosante disposizioni. Possiamo fare solo questo, per adesso. Accanto alla cura dell’igiene delle mani. Possiamo e dobbiamo farlo. Ma in pari tempo è necessario che teniamo viva la nostra attenzione. Il distanziamento, che è una disposizione di spazio, necessaria se vogliamo contenere la pandemia, rischia d’insinuarsi nella mente. E la relazione con l’altro assumere, pian piano, il colore del sospetto. Totale. Sempre e dovunque. E farci entrare in una sorta di automatismo inconsapevole che Erasmo oggi potrebbe sintetizzare homo homini virus. Ogni persona per l’altro è il virus che cammina. Che ci aggredisce.
Non è facile. Da una parte dobbiamo mantenere la distanza. Dall’altra non possiamo farlo diventare un habitus, uno stile di relazione. Già il linguaggio usato è distorto. Distanziamento sociale continuiamo a dire, invece che, più correttamente, distanziamento fisico. Non è solo una questione di parole. È questione di sostanza.[2] Noi abbiamo bisogno di essere in relazione. Noi siamo esseri relazionali. È insito nella nostra natura. È insito nella natura di tutti i viventi.
Perfino gli astri e i pianeti sono in relazione tra loro. Il loro equilibrio è il risultato di un’interazione reciproca. La luna e la terra, la terra e il sole, i pianeti del sistema solare in un dialogo continuo mantengono la giusta distanza e la giusta vicinanza. Vicinanza e distanza di sicurezza, potremmo dire. Così i sistemi solari nella nostra galassia. Così le galassie in un universo che continua ad espandersi.
Essere in relazione è una legge universale. Cosmica. Se poi vogliamo fare un passo ulteriore, vediamo che questa stessa legge la ritroviamo nelle immagini che l’umanità, nelle varie epoche e culture, ha costruito per rappresentare la divinità. Nut e Geb, Iside e Osiride dell’antico Egitto; Urano e Gea, cielo e terra, da cui verranno gli dèi olimpici; Brahma, Vishnu e Shiva nella cultura indù. Anche nella tradizione biblica, che pure si presenta con un forte monoteismo, troviamo Elohìm (il Creatore), Ruàḥ (lo Spirito), Ḥacmàh (la Sapienza).[3] Che ritroviamo poi nel cristianesimo con l’immagine della Trinità, immagine di pienezza della relazione.
Conserviamo la distanza. Certo. Con serietà e impegno. A tutela nostra e degli altri. La distanza fisica. Di sicurezza. Che ci permette di contenere la diffusione del virus. Ma non lasciamoci travolgere da uno sguardo di sospetto. L’altro non è il nostro nemico. Homo homini virus non è la verità. È inganno. Inganno della mente che, se non sufficientemente vigile, si lascia condizionare da un distanziamento che è solo fisico. Non sociale. Non affettivo.
[1] Alleati e nemici, Voce, 5 aprile
[2] Distanziamento sociale? Voce, 17 maggio
[3] Genesi 1,1-2; Proverbi 8,27-31