VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

9 ago 2020

La tentazione e il dramma del pensiero unico

Timeo hominem unius libri

È dai tempi del liceo che queste parole, attribuite a Tommaso D’Aquino, il grande filosofo e teologo del XIII secolo, sono scritte nella mia memoria. M’avevano impressionato e nello stesso tempo inquietato. Negli anni dell’adolescenza, dove le posizioni sono piuttosto drastiche e totalizzanti, e tra il bianco e il nero c’è poco posto per colori intermedi, non ne coglievo tutta la profondità. La cosa che mi sfuggiva era quella parolina unius che non significa semplicemente uno, ma uno solo. È qui infatti l’inghippo: l’uomo la cui cultura e la cui istruzione dipende da un solo libro è l’uomo dal pensiero unico. Il sogno di ogni uomo al potere: essere circondato da persone che la pensano come lui. In tutto e per tutto. Li chiamiamo yes-man, gli uomini-signorsì. Chiunque ha un po’ di potere, sia il presidente di un grande paese o il semplice capufficio, ama vedersi intorno persone ubbidienti e sottomesse ai suoi ordini. Non solo. Sottomesse al suo pensiero.

I vari Xi, Kim, Putin, Trump, Bolsonaro, Orban, accanto a certi nostri piccoli uomini alla ricerca dei pieni poteri... sono già un bel mazzo di spine senza fiori che gli inizi del XXI secolo ci stanno offrendo.

Non dicono la dovete pensare come me. No. Sono più abili: c’è il partito del popolo, c’è il benessere della nazione, c’è la dottrina di una religione, c’è l’ortodossia di una scuola di pensiero. Perfino una teoria scientifica, che va sostenuta e abbracciata semplicemente perché è il pensiero del capo. Che naturalmente sa bene a chi garantire riconoscimenti e carriera.

 

Sì, l’uomo dal pensiero unico è pericoloso. Perché è un uomo – uomo o donna qui non fa differenza – vittima della paura. Se deve confrontarsi con un pensiero diverso, va in fibrillazione: il sangue non porta più ossigeno ai tessuti del suo corpo. Sia esso partito o nazione o religione o dottrina sociale.

Certe volte mi sorprendo ancora a chiedermi, e non trovo una risposta soddisfacente, come abbiano potuto i tedeschi e gli italiani di cento anni fa chiudere talmente la loro mente da osannare gli Hitler e i Mussolini. O come abbiano potuto certi uomini di chiesa, poco più di mezzo secolo prima, restare imprigionati dentro la rivendicazione di un potere temporale per il papa, vescovo di Roma. Al punto da mettere in campo perfino la pena di morte per chi combatteva per l’unità d’Italia.

 

Epoche storiche diverse che sarebbe un errore giudicare con lo sguardo di oggi. Ma la preoccupazione che sento è altra: vedere come i giochi del potere ripercorrono sempre le medesime strade. La coltivazione e la ricerca del pensiero unico che, pur mascherato da una presunta tutela del benessere popolare, emerge e riemerge anche ai nostri giorni.

Il pensiero unico assicura la stabilità del sistema. Protegge dal dubbio che le domande inevitabilmente portano. E il dubbio, che è l’anima della ricerca, essi lo chiamano confusione. Lo fanno per proteggere i più deboli, dicono. Il popolo semplice, ignorante (nel senso che non sa). Pensano così di riuscire a fermare la storia e non si rendono conto che questa, invece, procede. Perché è proprio della storia andare avanti e oltrepassare quanto fino ad oggi è acquisito. Così procede la scienza. Così il pensiero, la filosofia. Così anche i sistemi politici e le religioni. Perché così procede l’umanità. La tradizione, ricordava Stravinsky, altro non è che un accumulo di novità.

 

Amicus Plato, sed magis amica Veritas (Platone è mio amico, ma più amica mi è la verità), è un pensiero attribuito ad Aristotele. Pur essendoci care entrambe le cose, gli amici e la verità, è dovere morale preferire la verità, scrive.[1]

Negli anni della mia specializzazione come psicoterapeuta, due scuole di pensiero ho approfondito, convinto che ciascuna coglie aspetti diversi e irrinunciabili della mente umana. La psicoanalisi più attenta al mondo interno dell’individuo, la scuola sistemica più capace di collocare la persona nel suo mondo affettivo e relazionale. Ricordo che proprio uno dei miei docenti, più d’una volta mi diceva: ma tu da che parte stai? Non riusciva ad accettare che mio obiettivo non era schierarmi con l’uno o con l’altro, ma trovare la mia strada. La strada che mi avrebbe consentito di offrire un servizio migliore alle persone che in seguito avrebbero usufruito del mio aiuto professionale.

 

Oggi ci salutiamo per la pausa estiva. Ci lasciamo con questo pensiero: teniamo aperta la nostra mente! Impariamo a non aver paura delle domande. Ascoltiamo chi ha un pensiero diverso dal nostro: sicuramente coglie qualcosa che a noi sfugge. La Verità è sempre un po’ più avanti di dove siamo noi. Nel passato era così, lo è oggi, e continuerà ad esserlo domani.

 

[1] Aristotele, Etica nicomachea