24 ott 2021
Quando di fronte alla sessualità perdiamo le coordinate
Diagnosi: omosessuale
Enfermedad actual: homosexual, malattia attuale: omosessuale. Così pochi giorni fa un medico dell’ospedale Reina Sofía di Murcia, in Spagna, scrive nella cartella clinica di una ragazza diciannovenne. E dire che la scienza medica e psicologica non solo esclude che l’orientamento affettivo-sessuale verso una persona dello stesso sesso sia una malattia, una patologia, ma la considera semplicemente come una variante della natura umana. Nella piena normalità.
È nel 1973 che si inizia a studiare con criteri scientifici il fenomeno dell’orientamento affettivo sessuale verso una persona dello stesso sesso. Fino ad allora era considerato un disturbo di personalità, una deviazione sessuale. Dobbiamo arrivare al 1990 per fare chiarezza: nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il testo ufficiale della psicopatologia), l’orientamento omosessuale (che noi preferiamo chiamare omoaffettivo) viene eliminato da qualunque capitolo relativo a patologie.
Ciò nonostante, continuiamo a vederlo con sguardo non sereno né libero da pregiudizi. Ha fatto notizia, questi giorni, che il giovane figlio di Superman è bisessuale: si scopre attratto sia da donne sia da uomini! È proprio il fatto che fa notizia che evidenzia il pregiudizio. E, su un piano di maggior preoccupazione, pesa non poco che ai giorni nostri abbiamo ancora bisogno di una legge specifica a tutela delle differenze legate alla sessualità e contro atteggiamenti discriminatori (DDL Zan).[1]
Nel chiedermi quanto tempo ancora dovrà passare perché ciascuno possa vivere liberamente la propria affettività-e-sessualità senza discriminazioni né pregiudizi, credo che una riflessione particolare abbiamo bisogno di fare, anche come comunità cristiana.
Appartiene alla storia che teologia e scienza non sempre riescono a convergere le loro posizioni e tenere aperto il dialogo. Nel rispetto delle aree di competenza di ciascuna.
È nel XVII secolo che inizia lo scontro più eclatante. La storia di Galileo è paradigmatica. Già un secolo prima, in realtà, Copernico aveva messo in crisi l’immagine del mondo: non è il sole che ruota intorno alla terra, ma questa che, come un satellite, gli gira intorno in un ciclo annuale. Ma lo scontro con la visione dell’universo, che i teologi sostengono sulla base di quanto leggono nella Bibbia, avviene con Galileo che, a differenza di Copernico (che, da monaco, sceglie di non esporre pubblicamente le sue scoperte), rende pubblici i suoi studi. La storia la conosciamo. Nel 1633 la Chiesa lo condanna al silenzio e all’abiura. Ci vorranno tre secoli e mezzo perché venga ufficialmente riabilitato: 1991 con Giovanni Paolo II.
Altro grosso conflitto due secoli dopo. Darwin ipotizza e dimostra che anche homo sapiens è il risultato di un lungo processo evolutivo. Apparsi 200mila anni fa, abbiamo percorso una storia di lenta trasformazione iniziata qualche milione di anni prima. Scoperte scientifiche che mettono in discussione una lettura letterale delle prime pagine della Bibbia. Sostenere l’origine dell’umanità da una sola coppia, Adamo ed Eva, formati direttamente dal Creatore si rivela priva di ogni base scientifica. Anzi, in pieno contrasto. Anche qui, solo da qualche decennio la teologia ufficiale riconosce la fondatezza delle scoperte scientifiche e sa rileggere la Bibbia nel suo significato autentico: un profondo testo di antropologia e teologia, non un libro di scienza.
Un problema analogo, credo, abbiamo bisogno di affrontare oggi, riprendendo il tema che stiamo incontrando: l’orientamento affettivo sessuale di una persona. «Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale [...]. In nessun caso possono essere approvati». Poi «Questa inclinazione, oggettivamente disordinata...».[2] Ecco, di nuovo, la scienza da una parte e la teologia (meglio, la dottrina) dall’altra.
È la storia che si ripete. Non mi scandalizzo per questo. Solo che oggi l’apertura di mente che ci viene richiesta pone la religione davanti alla necessità di cogliere più rapidamente quanto le scienze umane ci sanno dire sull’uomo. Biologia e psicologia da una parte e riflessione teologica dall’altra hanno bisogno di conservare (riscoprire?), anche su questa tematica, quel rispetto reciproco che in altre aree sanno riconoscersi da tempo.
Secondo me, poi, una seria revisione di queste posizioni sarebbe un grosso contributo al superamento di quegli stereotipi culturali che ancora relegano le problematiche legate alla sessualità (orientamento affettivo sessuale, identità di genere, ecc.) in un’area da sottobosco. Dove pregiudizi e discriminazioni trovano terreno fertile.
[1] Attiviamo un dialogo vero, Per una legge buona
[2] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2357 e 2358.