VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

3 lug 2022

In politica, in famiglia, nelle religioni: incapaci di dialogare?

Divorzìte

L’ultimo esempio ce l’ha dato la politica appena qualche giorno fa. Se nel mio partito non mi danno retta, nessun problema: esco e ne faccio uno io. Qualcuno che mi segue lo trovo: qualche promessa, qualche riconoscimento non si nega a nessuno. Siamo così a 20 partiti presenti in Parlamento e 13 ancora fuori. Per non contare i tanti movimenti o movimentini non ancora catalogati. Molto fertili, come vedete. Molto creativi, potremmo dire. Sì, se non fosse che anche stavolta quel vecchio il troppo stroppia non dovremmo dimenticarlo. La risposta dei cittadini che sempre meno partecipano alle votazioni non concede dubbi. Salvo poi cadere dal pero quando i nostri politici si meravigliano e si chiedono come sarà che il partito più votato è l’astensione. Loro, pieni e convinti ciascuno della propria originalità, ce la mettono tutta per offrire la ricetta per la salute del Paese. Condita l’Italia in tutte le salse – li avete contati quanti sono che si chiamano Italia e qualcosa? – manca solo... Italia in Salute! Ma presto arriverà.

 

Tutto questo, segno di vitalità tra i politici? Se volete essere compresivi, glielo potete riconoscere. Per me è un chiaro segno d’incapacità a fare quel mestiere. Un uomo/donna della politica la prima cosa che dovrebbe possedere è l’arte della mediazione. Che significa capacità di dialogo e di ascolto. Prontezza nella proposizione e disponibilità e apertura nel confronto. Forte non è chi alla prima divergenza sbatte la porta. Tutti buoni a farlo: adolescentia docet. Forte è chi sa portare il proprio contributo al cambiamento restando saldamente in casa. Mettendo sul tavolo le proprie idee, confrontandole con quelle degli altri. Nel convincimento che nessuno ha il monopolio della verità. E tutti possiamo portare un contributo per andare avanti.

Ma lasciamo i politici. E, soprattutto, lasciamo ai politologi il compito di offrirci analisi più adeguate rispetto alla divorzìte, pandemica nel nostro parlamento.

 

E passiamo a un’altra area delle relazioni umane. Anche qui la voce della separazione è sempre pronta a farsi sentire e a richiamarci a sé come luogo di risoluzione d’ogni problema. In famiglia. Pensate sia un caso che oggi una coppia su tre scoppia? Non apparteniamo alla stessa umanità cui appartenevano i nostri nonni cinquanta o cento anni fa? Sì, siamo gli stessi. Ma la capacità di reggere di fronte alle difficoltà sembra storia d’altri tempi. Al primo conflitto – se non proprio al primo, al secondo massimo terzo – chiudiamo baracca e burattini e chi s’è visto s’è visto. Più longevi, più ricchi in salute e in benessere, tanto più deboli nella capacità di tollerare le frustrazioni e di affrontare le inevitabili occasioni di difficoltà e di conflitto. Nel mio lavoro è troppo frequente che quando chiedo a una donna o a un uomo cos’è che lo/la porta a decidere per la separazione, arrivano risposte vaghe e indefinite: non sono più innamorato, non la amo più, non lo amo più. E robetta simile.

Anche qui, nella vita personale, sembra prevalere la regola della precarietà piuttosto che la ricerca di stabilità, il disimpegno più che la fatica di costruire un legame di solidarietà e di condivisione. Cedere qualcosa di proprio per dare spazio all’altro suona da iperuranio. Che la mia libertà deve dialogare con la tua sembra etica da medioevo. Oggi dobbiamo essere liberi: la mia libertà über alles.

 

Se poi guardiamo la storia, un’altra area mi colpisce. L’area delle religioni. Lasciamo per ora le altre e guardiamo in casa nostra. Movimenti religiosi che si rifanno al Vangelo coinvolgono un terzo degli abitanti del pianeta, circa 2,3 miliardi di persone. XI secolo, grande scisma d’oriente. In contrapposizione a Roma nasce la Chiesa Ortodossa. Costantinopoli. Poi Mosca – quella, per stare all’attualità, di cui è capo Kirill, il cappellano di corte di Putin – e Kyiv sono le principali. Cinquecento anni dopo, XVI secolo, nascono le chiese della Riforma. Lutero e Calvino nel mondo germanico. Poco dopo Enrico VIII si proclama capo della chiesa anglicana. Poi la chiesa valdese. E tante altre piccole o grandi chiese evangeliche che continuano a moltiplicarsi.

 

Ambiti diversi, aree che a prima vista sembrano non avere niente in comune. Politica, famiglia, religione. Ciascuna con le sue regole i suoi compiti i suoi obiettivi. Scorretto sarebbe metterle su uno stesso piano, ovviamente. Ma c’è un aspetto che si ripresenta. Che accomuna queste aree. Di fronte alla prima – seconda, terza? – difficoltà è tanto più semplice uscire e sbattere la porta, piuttosto che mettersi a tavolino e accettare di confrontarsi con l’altro. Al cui punto di vista va riconosciuta la stessa dignità che rivendichi per il tuo.

 

Terapia e vaccino anti-divorzìte? Il coraggio del dialogo.