10 apr 2022
Anche nelle vicende più complesse la persona fa la differenza
Il fattore umano
È a denti stretti che oggi siedo davanti al computer per scrivere i miei pensieri. La tensione di questi giorni non si abbassa. Le persone che incontro, anch’esse tese e stanche. Non se ne può più: la tv ogni ora ci porta la guerra in casa. Morte e distruzione. Qualche spiraglio. Poi di nuovo daccapo. Perché allora continuo a scrivere di guerra? mi chiedo, fra due settimane è Pasqua, potresti portare un po’ di luce, e se non riesci a parlare di resurrezione, parla almeno di speranza. Sì, ma c’è qualcosa in me che non torna. Mi rendo conto, pian piano, che continuare a scriverne è l’unico modo che mi rimane per sentirmi vicino al popolo ucraino per il quale morte e distruzione non sono parole di cui parlare o scrivere: da quando Putin gli ha scagliato addosso l’esercito, sono due facce del suo quotidiano. Una tensione infinita. Non so neppure immaginare cosa sarebbe se un missile piombasse in casa nostra...
Come uscirne? Un aspetto da non sottovalutare: anche di fronte a problemi enormi per ampiezza e complessità, come si sta rivelando ogni giorno di più questa guerra, non possiamo perdere di vista il fattore umano. Sembrerà impossibile, ma il singolo uomo fa la differenza.
Trentanove anni fa un colonnello russo, Stanislav Petrov, salva il mondo dalla guerra nucleare. È di turno al centro di rilevamento degli attacchi nucleari dell’Unione Sovietica. Deve vigilare che dagli Stati Uniti non vengano lanciati missili atomici contro Mosca. Pochi minuti dopo la mezzanotte, il 26 settembre 1983, i computer ne rilevano uno in volo contro la Russia. In cinque minuti ne segnalano altri quattro. Petrov deve decidere: far scattare l’allarme o aspettare. Lui aspetta. Non gli pare logico che l’America decida di attaccare l’Unione Sovietica con soli cinque missili: un attacco nucleare dev’essere distruttivo altrimenti non avrebbe senso, provocherebbe soltanto una risposta, questa sì distruttiva. Aspetta. Qualche minuto dopo i radar confermano che non c’è nessun missile in arrivo: i computer s’erano lasciati ingannare dai riflessi solari. Quel giorno un uomo salva dalla distruzione l’intero pianeta. Il fattore umano.
E oggi? Anche oggi un uomo decide che dobbiamo essere in guerra. Putin manda il suo esercito a invadere l’Ucraina. Ora è questa la situazione da affrontare. Accanto ad analisi su ragioni e torti, su complessità storiche e geopolitiche che la supportano, non possiamo dimenticare quest’aspetto, semplice ed elementare. Se riusciamo a guardare quanto potere distruttivo, certe volte, mettiamo nelle mani di un uomo, riusciremo a intravvedere anche il potere di risoluzione che nelle stesse mani possiamo cogliere.
Racconta Putin che un giorno, da ragazzo, vide un topo e lo costrinse in un angolo. Questo gli si lanciò contro, sfiorandogli la testa. Riuscì a liberarsene. E conclude ognuno dovrebbe tenerlo a mente: mai mettere qualcuno in un angolo. Ecco. Oggi in un angolo c’è lui. La guerra che non sta vincendo. Le sanzioni economiche che lo imprigionano. Il consenso tra i suoi meno solido di prima. Ma se vogliamo far sì che la pace non sia solo una parola, dobbiamo concedergli una via d’uscita. Perché non ci salti addosso.
E qui ritorna il fattore umano. Questi giorni s’incontrano le due delegazioni, ucraina e russa. Pensiamo ai singoli delegati: temperamento, stabilità emozionale; salute psico fisica; capacità d’ascolto, tolleranza alla frustrazione; allenamento all’attesa, alla mediazione; pratica nel destreggiarsi tra tattiche e strategia, nel mettersi al posto dell’altro, comprenderne il punto di vista; accettare di vincere senza voler stra-vincere. Con il progetto, interiore, di voler raggiungere davvero la pace o invece di volerne dimostrare l’impossibilità. Tutto questo, tutto quanto appartiene a ciascuno dei delegati, farà la differenza. E come questo sapranno portarlo a Putin e a Zelensky, e lo stato d’animo con cui i due presidenti saranno in grado di recepirlo, farà la differenza.
Un altro aspetto, poi, stiamo colpevolmente sottovalutando. Quante donne nelle due delegazioni? Nessuna. No women no panel (senza donne non se ne parla), dicevamo poco tempo fa. Il mio timore è che qui diventi no women no peace (senza donne non si costruisce la pace), visto che noi uomini sappiamo molto di guerra e molto poco di pace. Agamennone e Menelao, Priamo e Ettore, Achille e Ulisse. Eroi e generali, tutti maschi. Penelope, Ecuba, Andromeda chiuse in casa, alla cura dei figli, in attesa del ritorno degli eroi. E Elena? Puro oggetto di contesa, di proprietà. Tra uomini. Nient’altro.
Miti, certo. Ma chiara espressione di un pensiero che, dopo migliaia d’anni, sembra ancora guidare le relazioni umane.
Il fattore umano parla anche di genere. Donne e uomini: tra guerra e pace una differenza non da poco.