Continua a stare con me, vincerai! Così parla la guerra. Così, nei millenni, s’è garantita il suo successo. È un inganno, ma lei sa che in quell’inganno noi ci siamo dentro. Ci conosce bene. Deve aver letto attentamente la storia di Caino. O forse ha addirittura contribuito a scriverla. Sa che quel mito è iscritto nell’intimo dell’uomo. Dalle origini.
Un tempo l’uomo era più forte degli strumenti che aveva imparato ad usare. Oggi i rapporti di forza sono cambiati. I mezzi che il nostro ingegno ha saputo costruire ci trascendono. La loro potenza è infinitamente superiore alla nostra. Le frecce e le spade dipendevano direttamente dalle braccia degli uomini. Così i greci potevano vincere sui troiani e lo spartano Leonida, coi suoi trecento, sconfiggere l’esercito di Serse. Non che le guerre allora non facessero danni. Distruzione e violenze erano sempre la sua faccia. Perfino la pax romana. Costruita anch’essa sulla distruzione e la morte del nemico. Nell’83 d.C. Calgaco, capo dei Caledoni, nella Scozia settentrionale, al passaggio delle legioni di Agricola, governatore romano della Britannia, vede come queste «rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero. Dove fanno il deserto lo chiamano pace (Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant)». Così Tacito.[1]
Le palle dei cannoni medievali potevano danneggiare le mura d’una città e aprire un varco per i soldati che poi, con le loro braccia e le loro gambe, avrebbero affrontato il nemico. La prima guerra mondiale, quella che ha rubato il padre a mia madre, era un combattimento tra soldati. Gli uni di fronte agli altri. E alla popolazione civile arrivava giusto con la morte di un figlio, di un marito o di un genitore, vittime delle battaglie al fronte. Ma oggi siamo oltre. Il missile che fai partire, le bombe a grappolo che lanci, le armi chimiche che metti in campo, le mine che lasci sul terreno o sotto un corpo abbandonato per strada non guardano in faccia nessuno. Soldato o vecchio o bambino. E i tuoi occhi non incroceranno mai gli occhi di chi muore. E l’arma nucleare? Spettro terribile. Così in grado di amplificare il tuo progetto distruttivo da garantirti che anche la tua parte di rischio sarà assicurata. Una potenza di morte che una volta visitato il nemico, tornerà, boomerang insidioso, anche contro di te.
Ma neppure questo ci aiuta a sfuggire all’inganno della guerra. La voce di Caino, più forte perfino della minaccia nucleare. Resta con me e vincerai! La guerra non ha cambiato il suo canto. Sicura che sarà lei a sopravvivere, oggi e per le generazioni future. Nel suo campo di morte.
A Mosca ha travolto perfino la religione. Che sembra non aver niente da dire di fronte alle violenze e ai massacri. La ragion di stato prende il Vangelo e lo sfoglia a suo uso e consumo. Kirill e i suoi, prostrati al potere politico. Un altro aspetto dell’impotenza dell’umano di fronte alla sirena della guerra che fabbrica eroi. Beati coloro che costruiscono la pace ridotto al silenzio.[2] Non solo. Preso e stravolto perfino il messaggio d’amore di Gesù di Nazareth. Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici diventa, sulla bocca di Putin allo stadio Luzhniki, l’estremo asservimento a sostegno dell’aggressione al popolo ucraino.[3] E la chiesa russa non solo tace. Accartocciato il Vangelo, si piega al progetto criminale del presidente padrone. E lo fa suo. Ma quando una chiesa non ha niente da dire di fronte ai massacri della guerra, non ha più ragione d’esistere. Una religione che alimenta la violenza nega se stessa.
È vero, sempre gli eserciti hanno preteso d’avere Dio dalla loro parte. Gli dèi di Roma contro quelli dei britanni. Il dio dei cristiani in crociata contro quello dei musulmani. O quello dei musulmani alleato del terrorismo odierno contro gli infedeli. Divinità asservite agli interessi di parte.
L’inganno della guerra travolge perfino il sentimento più nobile cui noi, esseri umani, abbiamo saputo dar vita: la dimensione spirituale.
Morta la speranza, dunque? Impossibile uscire dall’inganno che la guerra continua a proporci? No, se apriamo gli occhi. La nostra mente sa che la consapevolezza è il primo passo per uscire dagli incastri che ci imprigionano. Nelle relazioni d’ogni giorno. Perfino nel rapporto con noi stessi. Siamo sufficientemente consapevoli che è solo la guerra a vincere, e noi stiamo entrando in una spirale di lotta sempre più armata nel territorio dell’Ucraina? E le nostre nazioni, con bombe e missili non ancora in casa, in un gioco di ulteriore riarmo contro riarmo? Lo 0,5% del Pil a sostegno della ricerca scientifica in Italia, a fronte dell’1,57 da portare al 2 per le spese militari...
Che ci faremo con tutti questi nuovi armamenti? Qualcuno di noi comprerebbe un’auto nuova per tenerla in garage?
[1] Tacito, Agricola
[2] Matteo 5,9
[3] Giovanni 15,13