VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

25 dic 2022

Iran, Afghanistan, Ucraina, Siria, Mediterraneo...

La pace da ritrovare

Sono anch’io nemico di dio, quello con la d minuscola. Il dio forcaiolo che gli ayatollah di Teheran vogliono imporre al paese. Mohsen, un ragazzo di 23 anni, è stato impiccato in Iran perché nemico di Dio. Così il tribunale che l’ha condannato ha motivato la sentenza. Qualche giorno dopo un altro ragazzo, Majidreza, impiccato perché in guerra contro dio. Neppure il coraggio di riconoscerli come avversari da parte di un regime teocratico che dalla rivoluzione islamica del ’79 domina il paese.

Sacerdoti, compiste un delitto
Tigri infami di sangue assetate
Voi la terra ed i Numi oltraggiate
Voi punite chi colpe non ha
piange e impreca Amneris, rivolgendosi ai sacerdoti che hanno condannato a morte Radames, il comandante dell’esercito egizio accusato di tradimento per aver svelato alla sua Aida la strada che prenderà per combattere gli etiopi. Là l’arte e la fantasia di Ghislanzoni e di Verdi. Qui invece la storia. In pieno XXI secolo ancora teocrazie. Uomini di potere che si nascondono sotto il nome di un dio pur di conservare i loro privilegi.

Ma non è questione di fede o di credo religioso: è solo problema di potere. E quando il potere è nelle mani di uomini di religione, possono esplodere le cose più aberranti. Due dimensioni, infatti, s’intrecciano e si alimentano a vicenda: il potere maschile in crisi di fronte alla donna e l’autorità di chi si ritiene voce dell’altissimo – sempre con la lettera minuscola. E in nome suo impone ogni assurdità.

Parliamo di medioevo quando ripensiamo alla nostra inquisizione o alle crociate. Anche lì erano uomini di religione a farsi promotori o addirittura attori in prima persona. Sempre nascosti sotto il nome di dio. Un dio ad uso e consumo di uomini. Maschi. Persecuzioni in piena regola, da una parte, verso chiunque osasse coltivare un pensiero diverso o anche solo ne fosse sospettato: tortura e rogo erano la soluzione. Dall’altra eserciti che partivano. Anch’essi con la benedizione di dio. Meglio, degli autoproclamati rappresentanti di dio. Inviati a conquistare territori su cui non avevano diritto. Tempi lontani per noi. Medioevo diciamo. Come sinonimo di oscurantismo. E di presa di distanza.

 

Ma che parola usare oggi per rappresentare i taliban di Kabul o gli ayatollah di Teheran? Per descrivere Kyrill, il protettore di Putin, che assicura il paradiso, sempre in nome di dio, a chi parte per portare la morte, o trovarla, in Ucraina?

 

Noi siamo a Natale, Gesù. Tu Dio-con-noi. Non erano tempi facili quelli in cui sei nato. Noi romani – sì erano i nostri padri – ci ritenevamo i padroni del mondo, allora, con le nostre legioni. E i tuoi, sacerdoti farisei scribi, ben inseriti nei giochi di potere. Tra politica e religione. Tanto che non si sono risparmiati nel fartela pagare. Il tuo messaggio d’amore e di pace non era armonia piacevole ai loro orecchi: tutta una vita da reimpostare se ti avessero ascoltato.

 

Vedi? Guardo ancora al passato. Perché se guardo e ascolto il nostro oggi, mi accorgo che pensieri ed emozioni si accavallano e si confondono.

Non so quali strade per condividere il tuo progetto di pace. Più d’una volta mi ritrovo a chiedermi cosa posso fare, come portare la buona notizia della tua presenza fra noi. E come me mille altri se lo chiedono. Il tanto rumore che mi circonda diventa frastuono, e neppure quel silenzio che accompagna certe giornate riesce ad offrirmi risposte. Mi ha detto Gabriella: ma tu scrivi, ogni settimana porti pensieri che favoriscono la riflessione, una crescita interiore. La domenica condividi il Vangelo (la Buona-Notizia, gr. eu-anghèlion) con quanti incontri in chiesa. Con il tuo lavoro le persone provano a ritrovare la loro pace, a riscoprire quel progetto di vita che spesso le vicende del quotidiano offuscano o ricoprono con la polvere del tempo e dell’abitudine.

Sì, qualche conforto da queste parole. Ma di fronte alle violenze dei taliban o degli ayatollah, ai crimini di Putin o alle bestemmie di Kyrill a cosa serve la mia voce? Allora sento tutta la mia impotenza. È questo, Gesù, il sentimento che abita il mio cuore. E il cuore di tantissimi di noi. Di chi si sente corresponsabile di come cammina questo nostro mondo. Ragazze e ragazzi che rischiano ogni giorno la vita per ritrovare la libertà; donne rinchiuse in casa e sigillate nei burqa; bambini donne anziani senza luce e riscaldamento, perfino senza casa, sotto i missili, in pieno inverno; persone d’ogni età che pur di trovare un po’ di speranza, a rischio della vita salgono sui gommoni ad uso di chi, da una parte e dall’altra, ci specula sopra. Per interessi economici o per raccattare un po’ di consenso.

 

Gesù, è un Natale difficile. Tu ci dici Vi lascio la pace, vi dono la mia pace.[1] Non so, mi chiedo dove l’abbiamo persa. Ci dài una mano a ritrovarla? Così riusciremo anche a dirci, da umani, Buon Natale!

 

 

[1] Giovanni 14,27