6 mar 2022
8 marzo, giornata di riflessione sulle condizioni della donna
Venti di... speranza
Non possiamo permettere a Putin di sequestrare il nostro pensiero.
L’8 marzo è più grande della piccolezza di un dittatore.
L’Ucraina è qui con noi. La vita continua.
Quel dono che gli dèi avevano nascosto nel fondo del vaso, colmo d’ogni male, dato a Pandora per punire gli uomini che avevano ricevuto il fuoco da Prometeo, ogni tanto prova a riemergere. Con qualche momento di brillantezza, accanto a lunghi tempi di nascondimento. Così la speranza ci cammina accanto. Tenue la voce e soffusa la sua luce, con il rischio di non essere vista né percepita, distratti come siamo dal frastuono dell’indifferenza la cui voce, già potente, è spesso amplificata dagli egoismi che sembrano guidare le relazioni. Tra persone. Tra popoli.
Parlare di speranza oggi, 8 marzo, mi pare un buon viatico per il viaggio della vita su cui, donne e uomini, insieme, siamo incamminati. È energia di vita la speranza. Nella religione cristiana è dono dello Spirito, accanto alla fede e all’amore.
Speranza per la donna? Sì. Speranza per l’umanità.
Non è una novità parlare di paura della donna da parte degli uomini. Foreign Affairs questi giorni ricordava come Napoleone avesse depenalizzato l’assassinio della moglie infedele, o il Duce secondo cui le donne non avevano fatto niente di buono. Oggi la Cina di Xi le esclude sistematicamente da organi di governo o da uffici di qualche peso, e silenzia subito la donna che si permette di accusare di molestie un uomo di potere. E la Russia di Putin? Lunedì scorso al Consiglio di Sicurezza si doveva decidere se riconoscere l’indipendenza delle due repubbliche del Donbass – poi abbiamo visto che in realtà lui aveva già deciso tutto, compresa l’invasione dell’Ucraina: come nei peggiori tempi dell’Unione Sovietica –, una sola donna era presente: tutti uomini. Ma l’elenco sarebbe molto lungo: Egitto, Nord Corea, Iran, Iraq, Arabia...
E l’Afghanistan? Qui neanche con gli occhi bendati riusciremmo a non vedere le assurdità del regime talebano. Assurdità su assurdità: il tutto è fatto in nome di Dio. I cosiddetti Studenti del Corano infatti (ṭālib, studente) è sul testo sacro che trovano giustificazione ad ogni sopruso sulla donna. Rinchiusa in casa, impedita di studiare e di svolgere qualsiasi altra funzione che non sia fare figli ed essere oggetto di piacere per gli uomini – privilegiati dal loro Dio. Pensiero condiviso con altri paesi islamici, pur con qualche differenza nell’apertura a spazi di dignità, che nell’uno o nell’altro alla donna sono concessi.
Nel mito biblico delle origini è scritto che l’essere umano, uomo-e-donna, è creato a immagine di Dio. Pensiero disperso, però, nel fluire del tempo. Al punto che siamo giunti a rovesciare quel pensiero originario: non noi fatti a immagine di Dio, ma Dio costruito a immagine nostra. Restando al tema di oggi, è evidente come a lui abbiamo attribuito i nostri pensieri, i nostri valori, le nostre scelte in tema di relazioni uomo-donna.
Oltrepassiamo pure le assurdità dei talebani. Superiamo anche i condizionamenti religioso culturali dei paesi islamici. Entriamo in casa nostra. Più volte abbiamo riflettuto come anche nel cristianesimo, una volta diventato religione-istituzione, il messaggio del Maestro sulla dignità della donna, pari a quella dell’uomo, sia stato ignorato. Quando non addirittura alterato e distorto.
Ma la storia va avanti. E oggi guardiamo un segno di speranza. Proprio in casa nostra, tra le varie chiese nate dal Vangelo, possiamo cogliere raggi di luce sull’apertura e riconoscimento della pari dignità. Tre donne troviamo alla guida della chiesa in Germania. Annette Kurschus, 58 anni, da novembre dello scorso anno è la presidente del Consiglio dei vescovi della chiesa evangelica tedesca. Kirsten Fehrs, 60 anni, vescova di Amburgo, è la vicepresidente, e Anna Nicole Heinrich, 25 anni, è presidente del sinodo. In Germania degli 83milioni di cittadini, 45 circa si riconoscono cristiani. Divisi sostanzialmente in due metà tra evangelici e cattolici, con qualche prevalenza di questi ultimi (dati del 2019).
Georg Bätzing, il presidente dei vescovi cattolici tedeschi, congratulandosi con Annette Kurschus per la sua elezione, ha detto: “Sono fiducioso che continueremo in maniera buona e impegnata sul cammino ecumenico che le Chiese che sono in Germania hanno intrapreso”. In altra occasione continua dicendo che viviamo già in un ambiente sociale dove uomini e donne sono equiparati nei diritti, e la questione del ruolo delle donne nella Chiesa è “la più urgente questione aperta verso il futuro”. Abbiamo bisogno, aggiungo io, di guarire da una ginecofobia consolidata in secoli di storia.
Tre donne alla guida della chiesa. Venti di speranza. Speranza per la donna? Sì. Speranza anche per tutti i cristiani. E speranza per l’umanità.