Chi non ha mai esclamato si vede la croce! dopo la fatica di essere saliti in cima? Che sia il San Vicino o il Cervino, la soddisfazione d’essere arrivati è sempre grande. È verso la fine del Settecento che nasce l’usanza di collocare la croce sulla cima di un monte. Da una parte, come a ricordare che ogni cima è il trampolino per un tuffo in cielo, dall’altra un po’ a protezione dagli spiriti della montagna. Che poi altro non erano che le frane o i temporali che potevano danneggiare seriamente e case e raccolti.
Discussioni e polemiche sulla presenza di croci e crocifissi nei luoghi pubblici ritornano ciclicamente. Nel 2009 la Corte Europea disse che la presenza del Crocifisso nelle scuole pubbliche era “contraria al diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le loro convinzioni e al diritto dei minori alla libertà di religione e di pensiero”. Sentenza poi ribaltata, dietro ricorso del nostro Paese, nel marzo di due anni dopo.
In un convegno di questi giorni, presso l’Università Cattolica di Milano, si è parlato delle croci in montagna. E certi nostri ferventi politici non si son fatti scappare l’occasione per dire la loro. “Dovete passare sul mio corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina, senza se e senza ma” ha tuonato, ad un congresso del suo partito, il nostro ministro-col-rosario-in-mano. Nessuno in realtà aveva detto di togliere le croci. Ci si era ritrovati nell’idea di preservare, prendendosene cura, quelle già esistenti in quanto segno di una cultura della montagna, e nello stesso tempo di considerare l’opportunità di non collocarvene altre, sia come tutela del paesaggio sia come rispetto verso l’odierna società multiculturale.
A mio parere quando usiamo la croce come segno di divisione e di conflitto tra partigianerie è un tradimento che facciamo nei suoi confronti. Così quando la ostentiamo in pubblico per sottolineare un’appartenenza o un’identità. I primi cristiani non avevano la croce come segno di identità. Era troppo vergognosa la crocifissione. E sottolineare che questa era stata la morte del Maestro non era affatto onorevole. Useremmo oggi una forca o una sedia elettrica come segno di sofferenza e di morte? Disegnavano il pesce come immagine che rappresentava Gesù. La stessa parola pesce (in greco ichthỳs) era diventata acronimo di Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore (I-ch-th-ỳ-s: Iesùs Christòs Theoù Yiòs Sotèr). È verso il III secolo che inizia l’uso della croce come simbolo di identità per i cristiani. Codificato poi con Costantino il secolo successivo. Ma la croce era vuota.
Così, infatti, abbiamo bisogno di riscoprirla. Vuota. Gesù, infatti, è di resurrezione che ci parla. La croce è solo una fase di passaggio. Nella sua e nella nostra vita. È parola di resurrezione il Vangelo, non di croce. Per scoprire la croce, come segno di sofferenza, quindi parte della vita umana non c’è bisogno che venga un Dio a dircelo: siamo capaci da soli a vederlo. E a viverlo.
E qui il secondo pensiero. Dove sono oggi le croci, meglio, i crocifissi? Non sono in cima alle montagne, onorevoli membri del nostro governo che vi dichiarate cristiani. I crocifissi oggi, quelli veri, sono sui sentieri ai confini dell’Europa. Sono sul mare. Sui barconi dove i morti si contano con numeri che crescono giorno dopo giorno. E se bisogna passare sul suo corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina, cosa fate per i veri crocifissi, i poveri cristi di oggi che si vedono costretti a scappare dalle loro terre in cerca di un posto dove poter vivere? Il crocifisso in cima a una montagna è solo un pezzo di ferro, o di legno o di pietra. Bello magari, pure artistico, di valore storico. Ma sempre materia inerte è. Il crocifisso vero è quello che noi europei vogliamo fuori dai nostri confini. Mi chiedo con quale logica il vostro governo – quello che ostentatamente ripetete essere stato votato dagli italiani – continua ad impedire a una nave di salvare i profughi di un secondo o terzo barcone se già ne ha caricati da un primo. Con quale logica questa stessa nave la spedite a Ravenna o Ancona o La Spezia, quando sarebbe più logico (= più umano) farla attraccare al porto più vicino e da lì con un pullman fare gli eventuali trasferimenti.
Il Crocifisso di duemila anni fa, cari ministri che ostentate croci e rosari (per avere più voti?), Gesù di Nazareth, diceva che quello che facciamo, o non facciamo, a uno di questi disgraziati che scappano dalla loro terra, lo facciamo a lui.
Se ci ho capito qualcosa, credo proprio che a Lui non importi niente di croci e crocifissi in cima alle montagne: i crocifissi di cui gl’importa sono i poveri cristi che si vedono costretti a rischiare la morte pur di raggiungere una terra dove poter vivere, loro e le loro famiglie. Questi sono i crocifissi, quelli veri, da salvare.
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V'invitiamo a leggere: Crocifisso, il dolore dell'uomo 2009, La croce... vuota 2009, La sua mano sulla spalla 2009