Non è una specialità di questi giorni. Anche se il fenomeno appare in crescita. È ormai dagli inizi della cosiddetta seconda repubblica che il confronto non si fa più sulle idee, ma su da che parte stai. Trent’anni fa l’ossessione erano i comunisti. Li vedevano dappertutto. Naturalmente comunisti venivano etichettai tutti coloro che non stavano con il capo. Un confronto sulle idee? E quando? Il confronto, meglio, lo scontro, era sempre su da che parte stai. E la parte era definita a prescindere dalle idee. Oggi il fenomeno appare ulteriormente ingrandito. Non si dà più la caccia ai comunisti, però: oggi è la parola fascista a risuonare. E la maggior parte delle volte non è riferita al pensiero, alla mentalità, sempre pericolosamente in agguato e pronti a rispuntare, no, la parola è usata per definire la persona. Diventa un’etichetta da appiccicargli addosso. E una volta messa l’etichetta, vedi solo questa. La persona scompare.
Mi capita spesso, nel confronto con i colleghi, di cogliere quanto sia forte il richiamo dell’etichetta. Perfino per noi professionisti della salute: rischiamo spesso di vedere questa prima della persona. O addirittura al posto della persona. Se qualcuno soffre per disturbi nel comportamento alimentare, il rischio che subito l’anoressia o la bulimia s’interpongano tra te e lui è lì, pronto a catturarti. E perdi di vista la persona. I pensieri, i sentimenti, le speranze, i progetti, i desideri, le delusioni, i dolori, le attese. La storia. Tutto viene fagocitato dall’etichetta diagnostica. E pur sapendo che con l’anoressia non ci fai niente e che solo con la persona puoi lavorare, questa rischia di scomparire dietro l’etichetta.
È quanto ci sta succedendo nelle relazioni sociali. Senza accorgerci andiamo avanti con slogan, cori, manifestazioni, contestazioni, boicottaggi. Definizioni. Designazioni.
È di questi giorni grande discussione sui diritti civili. L’iscrizione all’anagrafe di un bambino come figlio di entrambi i membri di una coppia omoaffettiva; il matrimonio egualitario tra coppie etero e coppie omo; il diritto all’adozione per una coppia omogenitoriale; la libertà di accesso alla possibilità di interrompere una gravidanza; la legittimità o meno di ricorrere alla maternità surrogata; il tema della transizione di genere; il fine vita; il diritto all’integrazione e alla cittadinanza; norme chiare a difesa dall’omotransfobia... E se provi a dire che sono temi complessi, che ciascuno di questi merita attenzione e analisi, e non si possono mettere nello stesso calderone, ti ritrovi: se il tuo interlocutore indossa un’etichetta su cui è scritto di sinistra, il minimo che possa dirti è che sei un fascista; se invece stai parlando con uno che ha su scritto cattolico, allora anche solo perché osi dire che di questi temi bisogna parlare e su questi è necessario aprire il confronto, aspettati, come minimo, che vieni etichettato una testa calda. E che... non rispetti la dottrina della chiesa!
Questi giorni s’è svolto a Torino il Salone del Libro. Tra le tante presentazioni e iniziative che l’hanno accompagnato, una in particolare ha catturato l’attenzione della cronaca. La ministra Roccella, più esattamente la scrittrice Roccella, è stata contestata al punto che le hanno impedito di presentare il suo libro. Non è stato un bell’episodio. Di nuovo gli uni contro gli altri. Al punto che nel Salone del libro ad un’autrice è stato impedito di parlare del suo libro.
Si è soliti attribuire a Voltaire parole del tipo non sono d'accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo. Che siano sue o no, io penso che in una società aperta ai diritti civili questo dev’essere un mantra inalienabile. È solo di un regime totalitario impedire ai dissidenti di esprimere il proprio pensiero. Che la Russia di Putin abbia il veleno facile o la carcerazione sempre pronta è comprensibile: il dissenso è quanto di più pericoloso possa abitare il Paese di un dittatore. Così come dissentire o porsi domande è quanto di più inaccettabile per uomini di religione che hanno paura della loro ombra, come gli ayatollah in Iran o i taliban in Afghanistan. Le idee, il solo pensiero che ci si possa porre delle domande rispetto all’ortodossia ufficiale è impensabile. L’Indice dei libri proibiti nella chiesa cattolica è stato smantellato adesso, nel 1966, dopo quattro secoli di paura di fronte a un pensiero libero, capace di interrogarsi.
Dieci anni fa, il giorno del suo sedicesimo compleanno, Malala, la ragazza pakistana che due anni prima era stata aggredita dai taliban perché difendeva il diritto all’istruzione per le bambine, nel suo intervento alle Nazioni Unite conclude: One child one teacher one book one pen can change the world. Un bambino un insegnante un libro una penna possono cambiare il mondo.
*
V'invitiamo a leggere Malala, la speranza 2014