So di entrare in un terreno minato. Ma non posso sottrarmi. In tutti questi anni, come professionista prima e come docente poi, ho cercato di coltivare in me e di condividere con i miei allievi psicoterapeuti, la consapevolezza che nostro compito è anche di porci come coscienza critica all’interno della società di cui siamo parte. È dalla conoscenza e dalla cura dell’animo umano, che la professione ci affida, che deriva questo compito: porci e porre domande che stimolino la consapevolezza delle scelte che facciamo. Sia come persone sia come cittadini.
Dalle cronache di questi giorni: il prefetto di Milano ha bloccato il comune sulla registrazione dei bambini di genitori dello stesso sesso. Voci diverse si sono levate, muovendosi contemporaneamente sulla sottolineatura di due diversi diritti: quello di un bambino a essere regolarmente registrato con i suoi genitori, e quello di entrambi i partner di una coppia omoaffettiva a vedersi riconosciuti come tali. Siamo già entrati, anche di recente, su questa tematica, non facile e fonte spesso di polemiche. Il rischio costante è quello di cadere nella trappola del tutto-o-niente, e di schierarci, subito, su fronti contrapposti. Proviamo ora a scendere dalle barricate e a scambiarci qualche riflessione. Tenendo aperti anche noi i due piani: quello degli adulti e quello dei bambini.
«Vorrei sapere questi bambini che colpa hanno, trovo scritto su un quotidiano, ogni giorno vanno a scuola, giocano nei parchi o nei campi sportivi, come tutti i loro coetanei, senza avere i diritti di tutti i loro coetanei». Dato per ovvio che a tutti i bambini vanno riconosciuti gli stessi diritti (quindi il Parlamento deve muoversi subito), noi adulti dovremmo farci qualche domanda in più, visto che siamo noi a metterli in situazioni di differenza.
A me uomo, e al mio compagno, uomo come me, la natura non ha dato un utero dentro il quale far crescere un bambino. E se noi due vogliamo avere un figlio dobbiamo ricorrere a una donna che lo accolga dentro di sé. Poi, una volta nato, lo prendiamo con noi. Maternità surrogata la chiamiamo o Gestazione per altri o Utero in affitto. Pratica non legale in Italia.
Ma qui nasce una domanda: in nome di quale diritto noi due, adulti, decidiamo di togliere a questo bambino sua madre? Non ha anche lui lo stesso diritto di tutti i suoi coetanei, compreso quello di poter vivere con la mamma con cui ha iniziato la sua vita e con cui ha già condiviso i primi nove mesi? Per non parlare poi dell’altro aspetto: come ci poniamo verso questa donna alla quale chiediamo di far crescere un figlio dentro di lei, di fargli da mamma per nove mesi, poi paghiamo il servizio e glielo portiamo via. Donne che spesso si vedono costrette ad accettare tutto questo condizionate da situazioni socioeconomiche, nella migliore delle ipotesi, del tutto disastrate. È rispetto, attenzione o... sfruttamento?
Diverso è in una coppia di due donne. Qui è una delle due che cresce il figlio dentro di sé e sia lei che il bambino possono continuare con tutta serenità la relazione già iniziata durante la gravidanza. La partner, al momento, può avviare la pratica per l’adozione.
Non è discriminazione sociale né ideologica: è la biologia a porre le due coppie omoaffettive, due donne o due uomini, in una posizione diversa rispetto alla genitorialità.
Per entrambe le coppie, comunque, rimane la domanda: a questi bambini, figli di una coppia omogenitoriale, in nome di quale principio neghiamo il diritto ad avere una madre e un padre come tutti i loro coetanei? La risposta a questa domanda, secondo me, ci pone davanti a un altro pensiero con il quale non possiamo non misurarci: avere figli è un diritto? Io penso di no. Da parte di nessuno. Omo o eteroaffettivo che sia. Singolo o coppia. Avere figli non è un diritto: può essere un bisogno, comprensibile e del tutto umano; può maturare verso una relazione di desiderio, anch’esso umano e per certi aspetti auspicabile quando decidiamo di mettere al mondo un bambino. Ma non un diritto. Nessuno può pretendere diritti su un’altra persona. Meno ancora in una relazione ìmpari, com’è tra un adulto e un bambino. Rivendicare il diritto ad avere un figlio è un’operazione non legittima: prima di ogni eventuale diritto di un adulto c’è sempre quello del bambino. Ed è a questo che va riconosciuta ogni priorità.
Altro è il discorso sul diritto a vedersi riconosciuti come coppia da parte di due adulti. Etero o omo affettivi. Qui la relazione è tra due persone alla pari. Due adulti. Che liberamente si scelgono e decidono di entrare in un progetto di vita condiviso. È doveroso che una società civile, a mio parere anche una società religiosa, dia loro pieno riconoscimento.
Ma da qui non possiamo far nascere il diritto ad avere figli. Siamo su due piani diversi. Rivendicare per ogni bambino gli stessi diritti di tutti i suoi coetanei significa avere rispetto per questo bambino. Significa prenderlo sul serio. Non anteporre un nostro bisogno/desiderio ai suoi diritti.
*
V'invitiamo a leggere: Tra diritti e diritti 2022, L'amore è benedizione 2022, Uso e abuso della religione 2022, Integralismi in agguato 2019, Alla fiera dei bambini 2021, Integralismi in agguato 2016