VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

12 feb 2023

Da quale laboratorio un vaccino contro la guerra?

Eirenopoiòi

Babbo, chi resta quando avremo ucciso tutti i nostri nemici? Gli assassini, figlia mia! Così ricorda le parole di suo padre Yelena Osipova, ottantenne artista russa, sopravvissuta all’assedio di Leningrado, e ora arrestata più volte dalla polizia a San Pietroburgo per la sua protesta contro la guerra in Ucraina.

E quando non ci saranno più case da abbattere, ospedali da distruggere, infrastrutture da annientare? Quando avremo reso le terre sterili con il veleno delle armi, perfino quella nucleare, quasi fosse una semplice innocente carta da giocare per vincere una partita, quando non ci saranno più uomini da mandare a morire, o da uccidere, donne da violentare, bambini da abusare e da sottrarre al nemico così che questi scompaia dalla faccia della terra...

Siamo ancora lì. Gli ebrei sono gli eterni nemici del popolo tedesco e devono essere sterminati: se non riusciamo ora a distruggere le basi biologiche dell’ebraismo – diceva Hitler –, un giorno saranno gli ebrei ad annientare il popolo tedesco.[1]

La logica è sempre la stessa. Prima individuare il nemico, ebrei ucraini curdi uiguri tutsi hutu twa... c’è da scegliere. Poi, dopo aver addormentato la popolazione con la macchina della propaganda, scatenare la guerra. Tanto a morire saranno gli altri. Gli serviva soltanto qualche migliaio di morti per sedere al tavolo delle trattative, sosteneva il nostro Mussolini.

 

Son già più di duecentomila i morti in quest’anno di guerra in Ucraina, tra le due parti. Nell’ultimo conflitto mondiale oltre 60milioni ne avevamo contati. Ventisei nella sola Unione Sovietica. Numeri. Sì, questo è il dramma: sono numeri. Solo numeri. Da scrivere sui libri di storia e da imparare a memoria per l’interrogazione a scuola. E noi, i nostri governi, civili e democratici, che ci definiamo anche cristiani, continuiamo a parlare di armi. Armi da dare o da non dare. Tuteliamo la democrazia e il diritto internazionale, diciamo. Gli armamenti sono sì un problema che tocca le nostre tasche, ma i fondi alla fine si trovano. E la nostra coscienza è tranquilla.

 

E le persone? Com’è che i nostri occhi non le vedono? Eppure, ogni giorno immagini di guerra riempiono la tv e illustrano le pagine dei quotidiani. Qualche morto tra i civili. E i militari? Quelli che continuiamo a chiamare eroi, da una parte e dall’altra, caduti nell’espletamento del loro dovere. Non sono essi uomini e donne, figli e figlie, mogli e mariti, padri e madri? Quanto conta una persona? Un numero. Eppure...

Lei che lo amava aspettava il ritorno
d’un soldato vivo: d’un eroe morto che ne farà
se accanto nel letto le è rimasta la gloria
d’una medaglia alla memoria
.[2]

Questo dramma si verifica ogni giorno, tante volte al giorno, dentro una casa come la nostra, dentro una famiglia come la nostra. In Ucraina e in Russia. Ad appena qualche migliaio di chilometri da noi. Soldato, lascia cadere la tua arma e sarai un vero eroescriveva in uno dei cartelloni che portava con sé nelle manifestazioni di protesta Yelena Osipova.

 

Chi salva una vita salva il mondo intero dice il Talmud. E Gesù di Nazareth, anche lui ebreo e figlio di ebrei, nel suo insegnamento, come ci riportano Matteo e Luca, a un certo punto sente il bisogno di dire che la nostra dignità di figli della Vita si realizza quando diventiamo eirenopoiòi, costruttori di pace (dal greco eirène pace e poièin costruire).[3]Anche la parola italiana pacifici contiene lo stesso significato (dal latino pax pace e fàcere costruire), ma troppo spesso la decliniamo in senso riduttivo: indica chi se ne sta in pace, chi non provoca discordie.

Ma questo non basta. Costruire la pace richiede un impegno concreto. Attivo. Impegno da mettere al primo posto nelle scelte. Personali e politiche. Ci chiede di agire perché i nostri governi mettano energia non solo per sostenere la difesa militare dall’aggressione russa, ma anche per cercare ogni strada per rimettere il dialogo politico al posto dei carrarmati e dei missili. Dichiararsi dalla parte dell’Ucraina significa lavorare per costruire la pace. È passato un anno. Duecentomila morti. Ammazzati, l’uno con l’altro. Duecentomila famiglie con la morte dentro.

Una triste considerazione fa Francesco: «Mentre per il Covid19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano».[4] Chi ci salverà? Ci salverà il soldato che non la vorrà / ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.[5]
Perché nell’intimo del cuore umano è radicato anche il desiderio di pace.

 

 

[1] Höss, La soluzione finale

[2] De Andrè, La ballata dell’eroe

[3] Matteo 5,9

[4] Francesco, Giornata della Pace 2023

[5] Endrigo, Girotondo

 

***

 

V'invitiamo a leggere:
Give peace a chance,  La storia si ripete?,  Chi ferma la guerra?,  La vogliamo davvero la pace?,  L'inganno della guerra,  Il nastro verde,  Tra Putin e Francesco,  Attila tra noi,  La pace da ritrovare,  Il meglio di noi