17 dic 2023
70 anni di Voce della Vallesina, 70 anni di dialogo
Generazioni a confronto
Quando da ragazzi guardavamo i tanti western in tv, il momento che più ci faceva stare col fiato sospeso era l’assalto alla diligenza. Due tre perfino quattro coppie di cavalli la trainavano per la prateria. Modello perfetto di collaborazione: ciascuno seguiva la sua pista e insieme al compagno sintonizzava il passo con quello degli altri. Immancabili, naturalmente, il cocchiere e la guardia con il Winchester. Cosa c’era dentro? Di tutto, spesso. Passeggeri, uomini d’affari o uomini di legge, magari in compagnia di qualche mezzo disgraziato da processare o addirittura da impiccare. Qualche donna, a volte. Viaggio ad alto rischio per lei. Poi cassette d’alcool, grano, orzo, sale, rifornimenti per lo spaccio del paese. E la posta, con lettere che aspettavi con ansia o con lettere che speravi non arrivassero mai. E la strada era lunga e pericolosa. Con gli indiani sempre in agguato. Capaci di sbucare da ogni parte, sembravano nascere dalla terra, tanto velocemente si moltiplicavano. Così allenati alla lotta, trovavano facile vittoria su chi sapeva muoversi solo in diligenza.
Certe volte, però, non erano i grandi Sioux o i nobili Apache a sferrare l’attacco. Appena qualche piccolo gruppo, giovani, ragazzi, ultimi arrivati nelle tribù. Ancora inesperti nella lotta, ma con la presunzione d’essere grandi guerrieri, si coalizzavano, alla ricerca di qualche nemico comune. La forza della gioventù, del resto, è energia grande di vita. Solo che facilmente si colora di presunzione, soprattutto quando non tiene, compagna di strada, l’apertura all’ascolto e al confronto.
L’arte del guerriero, insegnava don Juan, si apprende con il tempo.[1] Fatto di silenzio e digiuno, prima di tutto: che significa ascolto, attenzione, capacità di osservazione. Prima di preoccuparsi delle forze e delle possibili mosse dell’avversario, è necessario conoscere le proprie. Saper trovare il proprio punto di equilibrio. È la strada che segue il samurai per costruire la sua arte. Che è abilità. Nell’affrontare la lotta. Lui sa, infatti, che la lotta è confronto, non morte. La guerra porta distruzione e morte. La lotta esprime forza. Energia. Il problema è che questa differenza si apprende in compagnia del tempo. È il tempo il maestro che ti permette di costruire esperienza. E saggezza.
Quando Lorenzo Milani inizia la sua scuola nella sconosciuta Barbiana, non adotta libri di testo. Il suo libro è il giornale. Il quotidiano. La piazza delle idee a confronto. Sempre. Anche oggi. Pur assaltati, come siamo, dai vari X Instagram TikTok LinkedIn Snapchat Youtube Facebook... Sì, il giornale. Non è un caso che anche i nostri politici, pur sempre pronti a emettere sentenze dal social preferito, poi è ai quotidiani che si rivolgono quando vogliono fare un discorso che abbia un senso compiuto. E gli editori se ne contendono la proprietà, consapevoli come sono dell’incidenza di questi sull’opinione pubblica. Perfino sull’economia.
Anche noi abbiamo un giornale. È il nostro settimanale. Piccolo, certo. Quest’anno compie settant’anni. Quando nasceva io muovevo i primi passi tra leggere e scrivere. Nessuno dei due allora poteva immaginare che un giorno ci saremmo incontrati e avremmo fatto un pezzo di strada insieme. Anche Voce è come una piccola diligenza, con dentro un po’ di tutto. Il coraggio dell’editore, la nostra comunità guidata dal vescovo, e il lavoro costante della direzione che, caso più unico che raro per un settimanale cattolico, è nelle mani di una donna, lo tengono in piedi. Molti laici lo leggono: sono rare quelle settimane in cui non ricevo una qualche osservazione. Alcuni vi scrivono. Meno, forse, tra gli addetti ai lavori – espressione infelice, ma è così che s’usa dire.
Sarebbe kalòs, così avrebbero detto gli antichi greci, cioè bello-e-buono che cresca il numero di chi vi scrive portando il proprio pensiero e la propria esperienza: avere le mani pulite e tenerle in tasca, diceva don Milani, a che serve?
Far morire un giornale è sempre una sconfitta. Sia esso nazionale, internazionale o anche locale. Con un giornale muore la libertà: nel giornale le idee vivono e s’incontrano. E non cadiamo nell’illusione che il mondo del digitale cerca di venderci. È della carta scritta che abbiamo bisogno: le mani, gli occhi, il corpo ne hanno bisogno. Noi siamo anche materia. La carta, ch’è anch’essa materia, dà stabilità e concretezza.
Nei western gli occhi di Toro Seduto e di Aquila della Notte erano tristi, come triste era il cuore nel vedere quei giovani disperdere le forze in piccole e inutili azioni di guerriglia. E non lasciavano spegnere il desiderio del loro ritorno: l’energia di vita e lo spirito di novità che abita un giovane sono necessari per fecondare e alimentare la tribù e l’intero popolo.
Tutti sappiamo che il confronto tra generazioni, fatto di incontri e scontri, è forza evolutiva per il progresso dell’umanità.
[1] C. Castaneda, Viaggio a Ixtlan, 1972