Questo pezzo non fa parte de La mente e l'anima
ma è scritto in dialogo con la rubrica Appunti Pastorali
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Voi camminereste bene con una gamba sola? Io no. Giusto nei giochi che fanno i bambini questi saltellano e fanno piroette tenendo una delle due sollevata, come non ci fosse. O certi artisti di balletto che ti fanno venire la pelle d’oca, tanto sono agili e in equilibri al limite delle leggi fisiche. Eppure, è proprio così che continuiamo a camminare come chiesa. Di che gambe sto parlando? Semplice, parlo di uomini e donne. Visto che l’umanità su queste due gambecammina, vive e costruisce la sua storia.
Se proviamo a guardare com’è messo il nostro mondo, oggi, e dove e come ci collochiamo, donne e uomini, potremmo cogliere come due grandi blocchi: da una parte la donna proprietà dell’uomo, totalmente subordinata a lui: questo il progetto del mondo maschile; dall’altra il no women no panel, senza donne non se ne parla, cerca di diventare la regola guida nelle relazioni e nella costruzione della società moderna. Con infinite sfumature all’interno di ciascuno di questi due mondi. Ed è in questo contesto che, a mio parere, non possiamo esimerci dal farci una domanda: come chiesa (cattolica) dove ci collochiamo? E in particolare come chiesa italiana che, insieme con le altre chiese nel mondo, cerca di portare avanti, pur a fatica, il cammino sinodale. Con il rischio, se non siamo vigili, di cedere al seducente richiamo di puntare alla produzione di qualche documento, bello e profondo, che farà bella mostra di sé nei nostri scaffali. Lasciando però tutto come prima. Coerenti con il vecchio adagio plus ça change plus c’est la même chose.
Più volte ci siamo detti della discrasia e distonia tra teoria e prassi nella chiesa: apertura (quasi) totale, affermazioni di grande valore sulla dignità della donna, in documenti discorsi dichiarazioni; chiusura, insignificanza di ruoli e posizioni affidati, meglio sarebbe dire concessi, a lei nella pratica. Tra il dire e il fare...
Se chiesa sinodale indica una chiesa che cammina insieme (syn insieme, odòs via cammino), c’è da chiederci con chi essa fa questo cammino. Con il resto del mondo, diciamo. Anche con chi nella chiesa non si riconosce. Certo, portare il Vangelo a ogni creatura è il compito che il Maestro ha affidato ai suoi. Ma come può questa chiesa presentarsi e proporsi al mondo se continua a camminare zoppa? Il maschile e il femminile, che la società attuale sta riscoprendo come le due gambe, con pari dignità e nel rispetto della differenza, sono la metà e l’altra metà del cielo. E della terra. Eppure, la questione femminile – quale posto ha la donna nella chiesa – in questo tempo di riflessione sinodale non è neppure all’ordine del giorno. Non è argomento di ricerca vera. Di ascolto. Non c’è.
Perché? Perché il maschile (e clericale) non lascia spazio al femminile. Arriva perfino a tradire il testo biblico in certe traduzioni. Guardate la differenza con cui la Cei traduce il termine greco diàkonos: riferito a un uomo è diacono, riferito a una donna diventa che è al servizio, anziché diaconessa come invece, con coerenza, dovrebbe essere.[1] E il diaconato femminile, di cui s’era ripreso a parlare con Francesco, è andato a farsi benedire. Per non parlare del presbiterato...
Uomini e donne. Poche donne provano a far sentire la loro voce. Qualche teologa, qualche biblista. Qualche laica coraggiosa. Ma bisbigliando. L’otosclerosi è malattia diffusa, endemica tra noi uomini quando siamo al potere. E anche nel mondo delle religioni la questione potere è questione seria. Il potere di definire le cose, di indicare le verità. Il potere di decidere ciò che è giusto e ciò che non lo è, da sempre è richiamo potente per gli uomini di religione. Non solo tra gli ayatollah o i taliban. Anche tra i presbiteri e i vescovi.
Vi sento già. Non serve a niente che continui con questi discorsi. Vedrai, neppure ti ci risponderanno! Forse avete ragione. Per adesso, almeno. Ma se Gandhi di fronte allo strapotere dell’impero britannico e all’apatia degli indiani si fosse fermato, pensate voi che l’India avrebbe raggiunto la sua libertà? Se Luther King o Mandela si fossero detti “basta sognare, torniamo semplicemente a dormire”, i loro paesi sarebbero usciti dall’apartheid? E se Gesù, visto l’esito di tre anni di lavoro e di tanta cura con i suoi, avesse detto “no, non funziona, ho fallito, di dodici uno mi ha venduto, un altro mi ha rinnegato, nove sono scappati, solo uno è rimasto con me sul Calvario” e avesse fermato così il suo progetto di Regno di Dio, la sua Parola avrebbe camminato per il mondo e sarebbe diventata lievito di Speranza e di Vita?
Ma adesso questo Vangelo è nelle nostre mani. E non possiamo contraddirlo continuando a camminare con una gamba sola. Visto che le abbiamo entrambe. Le donne sostengono la metà del cielo, dice un proverbio cinese. Perché noi uomini non la smettiamo di presumere forza e potere, che facciamo diventare diritto, di reggerlo tutto, e non ci prendiamo semplicemente la nostra metà... e viviamo in pace?
Se non suonasse male, inquinato com’è dalla storia, mi verrebbe da dire Dio lo vuole! Non il dio degli ayatollah o dei taliban, probabilmente. Di certo, però, il Dio di Gesù. Lui-Lei che è padre-e-madre di tutti come può accettare che i suoi figli continuino a tenere subalterne e sottomesse le sue figlie?
[1] Romani 16,1
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