Un bambino su tre fra 6 e 10 anni ha lo smartphone in mano tutti i giorni; domanda: quanti, oltre il tempo della scuola, hanno in mano un libro? Quasi la metà degli adolescenti tra gli 11 e i 19 anni, gli anni della scuola secondaria, dice di passare 5 ore al giorno con lo sguardo sul display; domanda: quante ore, forse dovrei dire quanti minuti, i loro occhi si posano su un libro? Ma non basta: un bambino su 6 tra gli 11 e i 15 mesi, ripeto mesi, viene parcheggiato davanti a tv pc tablet o telefonini per almeno un’ora al giorno; il 3% per più di tre ore.[1] In Italia quasi un bambino su cinque tra 2-5 mesi, ripeto mesi, passa del tempo davanti a uno schermo.[2] Non più di venti giorni fa ho incontrato due genitori che non sapevano più come fare con la figlia di 12 anni che urla e strepita perché le hanno programmato il telefonino in modo che si spenga dopo 5 ore di uso nell’arco di una giornata. Troppo poco per lei. Ripeto, dodici anni. Quando si dice chiudere la stalla quando non ci sono più i buoi...
Vi domanderete perché proprio in questo periodo vicino al Natale arrivo con tanti numeri. Sadismo? No. Preoccupazione. Allarme.
Siamo già in pista nella corsa ai regali di Natale. Per adulti bambini ragazzi. E la domanda che mi faccio, e che vi faccio, è a che tipo di regalo stiamo pensando. Non ho numeri da dare in questo caso. Ma un dubbio. Forte. Se dovessimo mettere a confronto quanto spenderemo per i vari aggeggi elettronici, dai giochini per il bimbo di pochi mesi a telefonini e simili per i più grandi, accanto alla cifra che dedicheremo all’acquisto di un libro... anni luce, credo, separeranno questi numeri.
Già sento qualcuno pensare che quanto sto dicendo è il solito ai miei tempi... Mi dispiace, amico mio, ma non è così. Credo che anche tu, insieme a milioni di persone, quando guardi i bambini o i ragazzi di oggi, non puoi fare a meno di osservare la tanta irrequietezza che ne caratterizza atteggiamenti e comportamento. Se parli con un insegnante, la prima parola che ti dirà sui suoi alunni è agitazione. Accompagnata da distrazione continua, difficoltà di concentrazione, labilità di attenzione e di memoria. Una delle diagnosi più frequenti oggi, per un bambino o un ragazzino che escono da una valutazione psicologica, è racchiusa nella sigla ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder, disturbo da deficit nell’attenzione, e iperattività). Le parole italiane credo siano abbastanza chiare.
Tanti fattori concorrono, certo, compresa una sorta di predisposizione. Che è presente in alcuni. Ma in alcuni. Nessuna mutazione genetica si concretizza nello spazio di una o due generazioni! È che lo stile di vita non è affatto da sottovalutare. Epigenetica la chiamano gli specialisti. È l’influsso dei tanti fattori esterni che concorrono a creare questo stato di malessere. Che ha due facce, appunto: agitazione (iper-attività) e difficoltà nella concentrazione, nell’attenzione.
Come funziona il display di un telefonino. Ti dà l’immagine che cerchi e subito ne accende un’altra. Tu la tocchi e passi a nuovi contenuti. Ora sono questi che catturano la tua attenzione. E via di questo passo. Il tuo sguardo, e il tuo pensiero, saltano (zapping) da una cosa a un’altra a un’altra ancora. Con il risultato che in nessuna di queste ti sei potuto soffermare e riflettere. Perché la tecnologia ti cattura e ti trascina con la sua velocità. Che non rispetta affatto il ritmo fisiologico del pensiero. Che si vede, così, costretto a rincorrere gli stimoli e subire passivamente.
Se apro la pagina di un libro e mi metto a leggere, il mio occhio segue le parole e il pensiero cammina con esse. Il ritmo è quello di cui ha bisogno il mio cervello per decodificare quanto sto leggendo. Per ascoltarlo. La fantasia segue e costruisce le immagini che le parole evocano. La lettura che faccio mi accompagna in un’operazione creativa. La mia mente è attiva. Può seguire, con i tempi che le sono propri, quanto mi propone la pagina che ho davanti. Non subentrano immagini nuove che vanno a scavalcare e cancellare i pensieri e le emozioni che man mano lei costruisce. Non ci sono link luccicanti che basta toccarli per scappare da lì e ritrovarmi in tutt’altra parte. Non mi dà agitazione, perché la pagina del libro rispetta il mio ritmo. Il mio respiro.
Ora tutto questo vale per un adulto. Proviamo a pensare cosa significa per il cervello di un bambino o di un adolescente, considerando che quest’organo raggiunge la sua maturazione solo intorno ai vent’anni di vita. Cinque ore al giorno passate davanti al display di un telefonino sono veleno. Il ritmo del display non è quello fisiologico del cervello. Sì, lui si adatta. Ma il suo adattamento diventa agitazione. Distrazione. Incapacità di porre attenzione. È sano tutto questo?
Conclusione. Un regalo a Natale per la salute? Sì, un libro.
[1] Save che Children, 2023
[2] Istituto Superiore di Sanità
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V'invitiamo a leggere: Leggere per pensare 2019, Timeo hominem unius libri 2020, I libri sono pericolosi 2013, Un libro per ritrovarci 2012