VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

15 dic 2024

Da un esperimento di intelligenza artificiale: Deus in machina

Gesù… artificiale?

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Deus in machina l’hanno chiamato. Neppure tanta fantasia nel dargli un nome. Hanno semplicemente preso dal teatro greco. Lì è deus ex machina. L’espediente inventato dai commediografi per sciogliere situazioni dalle quali è pressoché impossibile uscire. Così a un certo punto, con l’aiuto di un qualche meccanismo (machina), entra in scena una divinità che, scesa dall’Olimpo, si cala sul palcoscenico e risolve il tutto. In Medea Euripide ce ne dà un esempio grandioso. Tradita da Giasone che l’ha ripudiata e adesso sta per sposare la figlia del re di Corinto, si vendica di lui: con il veleno fa morire la promessa sposa e il padre di lei, poi uccide i loro due figli. Impossibile sfuggire alla giusta punizione per tanta atrocità. Ma arriva il dio Sole, la prende sul suo carro e la porta in salvo. Il deus ex machina risolve.

 

Non ci sono tragedie qui, né carri o dèi che arrivano dal cielo. Deus in machina è un progetto nato in collaborazione tra la chiesa di S. Pietro a Lucerna e il laboratorio di ricerca sulla realtà virtuale dell’università. Con la cosiddetta intelligenza artificiale (IA) hanno costruito un avatar, un alter ego digitale di Gesù, e l’hanno messo dentro un confessionale. Uno schermo mostra un volto dietro la grata. È di Gesù. Le persone possono accedervi e mettersi a parlare con quest’immagine, che ascolta e risponde. Sa parlare cento lingue. È un esperimento, dicono. Per verificare se e quanto la tecnologia possa aiutare nelle questioni della fede.

Che dire? Se vuol essere un gioco, è divertente. Se vuol essere una cosa seria… beh, qualche domanda dobbiamo farcela. La prima e la più semplice: qual è il volto di Gesù? Di lui non abbiamo nessun’immagine. Ce le siamo costruite, inventate. Di Augusto o di Tiberio, suoi contemporanei, abbiamo delle statue che più o meno fedelmente li rappresentano. Del Maestro di Galilea non abbiamo assolutamente niente. Ma questo è piuttosto secondario.

 

Due altri aspetti, invece, sono da guardare. Il primo su quanto il Gesù artificiale dica nelle sue risposte; l’altro è nel merito di cosa sia, cosa significhi ciò che chiamiamo fede.

 

Il primo. Uno degli ideatori dell’esperimento ha evidenziato come le risposte fornite finora dall’IA sono in linea con la nostra comprensione teologica. Su questo piano, non ho dubbi circa l’efficienza del programma. E se pure qualche aggiustamento si renderà necessario man mano che l’esperimento procede, non c’è dubbio che la correttezza delle risposte potrà essere migliorata. Continuamente. La ricerca teologica procede, la traduzione della dottrina in un linguaggio più vicino e più comprensibile all’uomo d’oggi è l’obiettivo che questa scienza si propone. Anche se qui nasce un altro quesito: quale sarà l’orientamento della macchina? Cioè quale sceglieranno i suoi programmatori? Sarà una teologia aperta alla ricerca, capace di ascoltare le domande che accompagnano le donne e gli uomini d’oggi, o piuttosto privilegerà una dottrina vincolata alla tradizione, e lontana dagli interrogativi che la vita, oggi, ci pone? In altro linguaggio, da addetti ai lavori: sarà il Vaticano II il suo riferimento o il Concilio di Trento? E questo è un primo aspetto. Non da poco, ovviamente, ma neppure il più importante.

Questione più di fondo è l’altra. Se la fede si può ridurre a una questione di teologia. Cioè di dottrina. Per comprendere meglio mi sposto un momento su un’altra area. Che può aiutarci. È un discorso già aperto tra i professionisti della salute mentale il ricorso all’IA. Tu porti un problema e la macchina ti dà la risposta. Ti senti continuamente triste e depresso, ciò che fai non ha un senso, oppure l’euforia e l’eccitazione tengono sempre accesa la luce, anche di notte; ti abbuffi ad ogni ora per poi vomitare, o misuri fino al milligrammo ciò che metti nel piatto; dormi tanto e non ti senti mai riposato, oppure la sera per addormentarti devi contare tutte le pecore di tutte le greggi del mondo… Soluzione: ti metti davanti al computer e ti fai una bella seduta di psicoterapia. L’IA, quanto a nozioni, ne sa più di qualsiasi terapeuta. Perdipiù ti costa anche tanto tanto di meno. Ma… Sì, c’è un ma: la psico-terapia, cioè la cura dell’anima (psyché), è nella relazione tra paziente e terapeuta, non nei contenuti delle risposte, più o meno ricercati o dotti. Questi sono semplicemente un mezzo.

 

Una questione analoga si pone nell’area della spiritualità. Della fede. Perché se la religione come tale può essere ridotta al piano delle conoscenze, di una dottrina, la fede parla di fiducia (fides). La fiducia è rapporto. Incontro. Relazione. Presenza. Fondamento del cristianesimo è il fatto che in Gesù – quello vero, non quello artificiale – Dio si rende presente in carne ed ossa. Nella pienezza dell’umanità. Sì, suona impossibile, impensabile. Ma questo è il Vangelo. Il Vangelo non è dottrina. È presenza. È incontro.

(1. continua)