Ho visto la locandina Cessate il fuoco a Gaza ORA, Jesi 15 maggio. Non ci sono andato. E non perché non condivida o non sostenga iniziative volte a far cessare il fuoco, ma perché anche questa l’ho trovata di parte. Come del resto tutte, o quasi, le manifestazioni che organizzano i nostri studenti nei licei e nelle università. Qui in Italia, come negli Stati Uniti e in altri paesi dell’Unione Europea. Oltre che, naturalmente, nel mondo arabo.
Comprendo la difficoltà nel conservare una serenità di valutazione di fronte alla tragedia che da sempre accompagna una guerra. Come pure facile diventa scivolare verso posizioni assolute, o bianco o nero, quando si organizzano proteste. Il punto è che la maggior parte delle manifestazioni di questo periodo, secondo me, evidenziano un serio e pericoloso restringimento del campo visivo. Con lo sguardo centrato sul Medio Oriente, non vedono altro. E prima ad essere andata fuori campo è l’Ucraina. Dove i bombardamenti russi sono continui e sempre più insistenti. E come, giustamente, contestiamo la sproporzione tra il 7 ottobre di Hamas e la risposta israeliana a Gaza, che travolge la popolazione civile e inerme della Striscia, altrettanto dovremmo protestare contro l’invasione russa in Ucraina e gli attacchi continui che non si limitano a presìdi militari, ma coinvolgono, quotidianamente, popolazione e strutture civili.
Di qui il titolo di oggi Giovani… pro Putin? Perché di fatto quanti partecipano a queste manifestazioni, piene di bandiere palestinesi, nel momento in cui dimenticano nel cassetto la bandiera ucraina, cadono nel suo gioco. Non a caso il signore del Cremlino s’era precipitato a ricevere i comandanti di Hamas nell’immediatezza del 7 ottobre. Il nuovo focolare mediorientale, di fatto, si è rivelato efficacissimo nel mettere in secondo piano la guerra in Ucraina. Ormai, infatti, oggetto della protesta diventa Israele. Solo Israele. Così Putin e Kirill possono continuare, in pace, la loro guerra.
La medicina ci ricorda che a provocare il restringimento del campo visivo, nel nostro organismo, diverse possono essere le cause. Oculari neurologiche sistemiche o anche traumatiche. Un’ampia gamma di situazioni. E se vogliamo porvi rimedio, dobbiamo individuare bene la causa che l’origina. Allo stesso modo, ritengo, abbiamo bisogno di muoverci per comprendere come mai ci ritroviamo con lo sguardo così catturato dal Medio Oriente da non riuscire più a vedere cosa succede, quotidianamente e da oltre due anni, a due passi da casa nostra.
Due possibili cause, a mio parere, sono all’origine di questo difetto visivo politico.
Da una parte, sotteso a questo processo sembra riemergere, strisciante, il vecchio e mai sopito antisemitismo. Nella con-fusione più totale tra un possibile e condivisibile antisionismo, inteso come critica alla politica dello Stato d’Israele nei territori della Palestina, e un antisemitismo, che è la vecchia e antica opposizione al mondo ebraico, giunta nell’ideologia nazifascista all’aberrazione della Shoah. Con una confusione ulteriore: come se essere ebrei significasse appartenere a un popolo, ad una etnia (si era giunti perfino a usare la parola razza), anziché la semplice adesione ad una religione e alle sue tradizioni.
E l’altra possibile causa, che ci fa perdere la necessaria ampiezza di sguardo per la comprensione del presente, la vedo in una totale inconsapevolezza di come ci lasciamo giocare dalla propaganda putiniana, super efficiente e altamente efficace nel manipolare le informazioni. Prime e più grandi vittime di questa sono proprio le giovani generazioni che, immerse mani e piedi nei social, troppo facilmente ne rimangono condizionate. Incapaci quasi di attivare quella coscienza critica che è sempre più necessaria in un mondo diventato piccolo e nello stesso tempo più complesso. Gli equilibri geopolitici del dopoguerra, ormai frantumati e rimessi in discussione, non hanno ancora validi sostituti. E questo rende assai facile perderci, in una complessità in continua fluttuazione.
Se a Gaza riusciamo a cogliere, quindi a rifiutare e contestare, l’esagerazione e la sproporzione della risposta di Israele all’attacco di Hamas, ci perdiamo poi nel momento in cui lasciamo nel silenzio e nell’ombra la guerra, almeno altrettanto ingiustificata, che la Russia ha portato in Europa. E senza rendercene conto, ignorandola, ne diventiamo alimento e sostegno. Giovani… pro-Putin allora? Certo no, consapevolmente. Ma se non recuperiamo la necessaria apertura del campo visivo, la trappola che questo signore ci ha teso, e nella quale rischiamo di cadere, prende nome complicità.
Cessate il fuoco a Gaza ORA, molto bene. Condivido. Ma con un’aggiunta: e in Ucraina. E accanto alla bandiera palestinese non possiamo dimenticare quella gialla e blu. Anzi, di bandiere giuste credo ce ne sia una soltanto: quella con i colori dell’arcobaleno.