28 lug 2024
Homo sapiens, il peggior investimento del pianeta?
Il pentimento della terra
Una parola terribile risuona nei primi capitoli di Genesi, il primo libro della Bibbia. Il libro in cui s’incontrano i diversi miti delle origini. È mabul. Che noi traduciamo diluvio. Precipitano le acque dall’alto e salgono le acque dal basso. Pioggia grande, e insieme esondazione di mari e fiumi con risalita delle falde acquifere. Fino al momento in cui le due acque si congiungono e non si possono più neppure distinguere. Mabul, infatti, dice confondere, mischiare.
Ma all’inizio del racconto appare qualcosa d’impensabile per noi. Nel cuore del Creatore nasce un sentimento nuovo: è pentito e addolorato. Cos’avrà fatto mai da doversene pentire? Il Signore si pentì d’aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo dice il testo. E cos’era successo di così grave da mettere in crisi Dio stesso? Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. Aveva guardato la terra, ed ecco essa era corrotta, perché ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra. Allora rivela il suo progetto, la soluzione cui ha pensato: è venuta per me la fine d’ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza.[1]
Se ora usciamo dal teocentrismo biblico (è Dio al centro nella storia) e ci muoviamo verso la riflessione post-teista (che va oltre l’immagine di un Dio separato dal mondo), proviamo a dare uno sguardo, con occhio attento, al nostro pianeta, oggi. Quest’infinitesima parte dell’universo che ci dà vita. E a noi, una tra le tante specie che lo abitano. Non è difficile, credo, cogliere una vera ribellione della terra nei confronti di chi, tra i suoi figli, ha la presunzione d’esserne l’emanazione più alta per il livello di consapevolezza raggiunto, homo sapiens, e insieme la pretesa di rapportarsi con essa da proprietario. Da padrone.
Di violenza da parte degli uomini parla il mito. Non credo sia difficile coglierla nelle forme che assume oggi. Il terrorismo, sempre in agguato. La guerra, che fin dalle origini della storia ha accompagnato i sapiens, ed ora è riemersa con tutta la sua forza distruttiva perfino in casa nostra. Indifferenti difronte alle due catastrofi mondiali che pure avevano segnato il secolo scorso. 450milioni sono i bambini che oggi vivono in mezzo alle guerre (Unicef). La crisi climatica e lo sfruttamento smisurato delle risorse, con la conseguente crisi migratoria: facce di un medesimo fenomeno. Giunto ad un livello tale da farci chiedere se sia ancora utilizzabile la parola crisi per parlarne, o siamo già a livelli che solo catastrofe può descrivere. Perché mentre crisi contiene in sé possibilità di recupero, possibili vie di soluzione, catastrofe parla di collasso dell’intero sistema. Di punto di non ritorno. Né possiamo dimenticare il (quasi) mai considerato inquinamento spaziale… Le molte facce della violenza odierna.
La presunzione di muoverci come padroni ci fa dimenticare una cosa, tanto ovvia quanto costantemente negata: la natura è più grande di noi. I suoi tempi sono lunghi, si misurano in miliardi di anni. Noi esistiamo da poco più di duecentomila. E in un soffio abbiamo innescato un processo talmente distruttivo che sta alterando la fisiologia della terra. È l’antropocene, l’epoca in cui l’attività umana ha il sopravvento su ogni altro processo. Il riscaldamento climatico che in un tempo brevissimo, appena un secolo, abbiamo avviato altera gli equilibri, riduce la biodiversità, crea instabilità. Migrazioni ambientali e conflitti per le risorse sono il nostro oggi. La natura è più grande di noi. Se avessimo ancora un dubbio, guardiamo: uno fra i moltissimi virus che da miliardi di anni abitano il pianeta in poche settimane ha messo in scacco tutta l’organizzazione, mondiale, che c’eravamo costruiti. Sanitaria, sociale, economica.
Non sarà che la terra, come il Dio della Bibbia, sta dicendo che s’è pentita d’aver dato vita a noi sapiens? È difficile non vederlo. Il pianeta ce l’ha, in sé, la capacità di rinnovarsi: è l’autopoiesi, o auto-ricostruzione. Siamo noi le vittime dell’inquinamento che stiamo producendo. A rischio non è la terra, ma la nostra specie. Doppiamente sapiens ci siamo definiti, homo sapiens sapiens, ma sembra la vecchia storia: continuiamo a tagliare il ramo su cui siamo seduti.
Nel mito, tuttavia, non vince la morte. L’ebraico mabul contiene la radice bul, che indica il legno grezzo. Il legno che è alla ricerca d’una forma. È un nuovo equilibrio nella relazione dell’uomo con la terra che esce dall’arca. Equilibrio ecologico ed etico. Che la terra e noi, sue creature del XXI secolo, abbiamo bisogno di riscoprire. Il rispetto per la natura; e il ritrovare nell’altro un fratello, perché figlio, come me, della stessa madre. La terra. Ogni nostra azione, dicono gli indiani d’America, va vista nelle sette generazioni successive.
[1] Genesi 6-10
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