VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

10 nov 2024

Io, noi al centro di tutto. Come alzare lo sguardo?

Le vite degli altri

Ricordate il Marchese del Grillo con quei poveracci con cui era stato preso dai gendarmi? Sale in carrozza e Mi dispiace, dice, ma io so’ io, e voi nun siete… Questo sembra, oggi in modo particolare, il pensiero dominante. Io al centro. O tutt’al più noi. Sì, al centro di tutto. Non è difficile, del resto, ritrovarci catturati da questo pensiero. In parte ci appartiene, e in parte ci è stillato e imbandito, giorno dopo giorno, dai palazzi del potere. Un capro espiatorio ha fatto sempre comodo. Soprattutto quando ci ritroviamo di fronte a problemi che non sappiamo risolvere, e abbiamo bisogno di serrare le file. Gli ebrei per i nazisti funzionavano bene. Tanto che anche il nostro statista nel ’38 li ha seguiti. Non più di moda oggi il discorso della razza, abbiamo trovato buoni sostituti. Cosa c’è di meglio dei migranti? Che vengono a rubare il lavoro agli italiani; se poi uno di loro muore non ci mancherà; non si capisce perché in Italia possono entrare cani e porci; e se qualcuno stupra, chi paga? Pensieri in libertà di uno dei nostri governanti. Che alla prossima occasione, strenuo difensore dei valori cristiani, ritroveremo col rosario in mano: hai visto mai che porta qualche voto in più?

 

«E allora il grillo parlante mi disse: “Ti sta bene; sei stato cattivo, e te lo meriti” e io gli dissi: “Bada, grillo!” e lui mi disse: “Tu sei un burattino e hai la testa di legno” e io gli tirai un manico di martello, e lui morì, ma la colpa fu sua, perché io non volevo ammazzarlo…».[1] Così piagnucola Pinocchio con il suo babbo, preso com’era dai piedi che gli s’erano bruciati e dalla fame che gli divorava lo stomaco. Morì, dice del grillo, ma la colpa fu sua. E io non volevo ammazzarlo. Giustificazioni. Le solite. Sul piano personale e su quello sociale.

Che gli anni siano 80 o anche solo 17 o 15, il ritornello è lo stesso. Io non volevo ammazzarla, è stato un incidente. Poi, la colpa è sua, voleva lasciarmi. Così gli uomini che uccidono le donne. O anche solo le violentano. Così Aurora o Sara o Giulia, o le altre cento vedono la loro vita andarsene. È la vita degli altri. Delle altre.

Sul piano sociale? I nostri governanti, impegnati a difendere i confini della nazione, non vogliono che i migranti muoiano in mare. Ci mancherebbe. Salvo poi vietare alle navi delle ong che hanno soccorso un barchino alla deriva di raccogliere anche altri poveracci di una seconda o di una terza barca, in avaria, dopo che hanno già soccorso la prima. Poi mandarle a sbarcare ad Ancora o a Ravenna o a Trieste. Così, impegnate qualche altro giorno e costrette a spendere altre risorse per ulteriori giorni di navigazione, non vanno a soccorrere altri potenziali invasori che minacciano i confini della nazione. Poi, è colpa loro, dei migranti, se si mettono in condizioni tanto pericolose: chi glielo fa fare? Lo sanno che attraversare il Mediterraneo non è una passeggiata. Poi, incoscienti, ci portano anche i bambini. Perché non rimangono a casa? Dissuasione, dicono. No. Prima noi! E... le vite degli altri chi le vede?

 

Già non attendere’ io tua dimanda / s’io m’intuassi come tu t’inmii, dice Dante quando, nel suo viaggio, incontra Folchetto da Marsiglia nel terzo Cielo del Paradiso.[2] Parole straordinarie costruisce: sempre i poeti sono un piano sopra rispetto a noi comuni mortali. Intuarsi dice. E accanto inmiarsi. Due verbi che sono un programma. In-tuarsi, entrare nel cuore e nella mente dell’altro. Nel tu che rappresenta l’altra persona. Per incontrarlo, ascoltarlo. Cogliere il valore della sua vita. Sintonizzarmi con il suo sguardo. Non è annullare me per far vivere lui. No. È non aver bisogno di annullare lui per far vivere me. È scoprire che le nostre vite hanno entrambe valore. La mia e la tua, volti diversi della Vita. Dell’unica Vita. Che io possa entrare in te come tu stai entrando in me dice Dante. L’altro verbo, in-miarsi. Così l’altro, il diverso, o perché nato in altre parti del mondo e costretto a scappare da condizioni di vita impossibili, o perché con un bagaglio di abilità meno ampio del mio, meno fortunato, senza colpa né demerito, acquista ai miei occhi la medesima dignità. Le vite degli altri come la mia. Manifestazioni dell’unica Vita. E di questa, loro e noi, figli.

 

Pensieri assurdi? Pensieri fuori moda. Sì. Senza dubbio distanza siderale da chi vede nei profughi cani e porci. O nel disabile qualcuno da relegare in una classe speciale. Le vite degli altri. Ma qui si tratta di scegliere. Da che parte sto. Dove mi colloco. E dove desidero che si collochi la società di cui sono parte. O mente che scrivesti ciò ch’io vidi, / qui si parrà la tua nobilitate dice Dante, dialogando con sé stesso, all’inizio del suo viaggio nell’aldilà. Qui si parrà la tua nobilitate dico, tra me e me, mentre scelgo su quale la strada camminare per il mio viaggio. Il viaggio della vita.

 

[1] C. Collodi, Pinocchio

[2] Paradiso IX, 80-81

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