Ancora più difficile quest’anno il 27 gennaio. Esattamente 79 anni fa i soldati dell’Armata Rossa varcano i cancelli di Auschwitz-Birkenau e il mondo si trova di fronte all’assurdo. All’impensabile. Ma profondamente reale. Più difficile, dicevo, perché l’attualità rischia di confonderci. Già lo scorso anno eravamo disorientati di fronte alla metamorfosi dell’esercito russo che da liberatore nel ’45 s’era trasformato in esercito aggressore, veicolo di morte e distruzione nella vicina Ucraina. Mandato dall’erede di Stalin che non aveva neppure il coraggio di chiamare guerra il disastro che aveva innescato. Nella sorpresa del mondo. E dire che Moldavia, Georgia, Crimea avrebbero dovuto metterci in allarme. Ma noi... nonvedo-nonsento-nonparlo. In altre parole, lascio fare. Finché non toccano i miei interessi. Così era successo con il nazifascismo.
Ancora più difficile il 27 gennaio quest’anno perché la confusione è moltiplicata. Lo Stato d’Israele, guidato da un governo di destra-destra, ci ha gettati nel disorientamento più totale. Il popolo ebraico, che aveva pagato con 6milioni di morti la soluzione finale in difesa della razza sbandierata dal regime nazista, oggi si ritrova, con lo Stato d’Israele, esercito invasore a Gaza dove ha già provocato più di 25mila morti, e popolo invasore con i 700mila coloni che continuano ad occupare i territori della Cisgiordania. Per di più questo governo continua a rifiutare ogni progetto di convivenza tra i due popoli, ebreo ed arabo, ricco ciascuno della propria storia e della propria tradizione.
Sintesi semplificata, direte. Sì, ma quadro realistico, purtroppo. E non è facile sottrarsi alla semplificazione anche se, lo sappiamo, rischia spesso di accrescere la confusione. La prima, che questi tre mesi dal terribile e disumano 7 ottobre hanno messo in evidenza, è la leggerezza con cui gran parte del mondo contina a con-fondere le persone di religione e tradizione ebraica con lo Stato d’Israele. Israele è uno Stato, abitato da ebrei e governato da ebrei, ma non tutti gli ebrei del mondo sono lo Stato d’Israele. A riprova di questa grande confusione è sufficiente guardare l’antisemitismo che s’è scatenato. Anche nei nostri paesi. Nelle piazze americane ed europee bandiere con la stella di David ampiamente sopraffatte dalla bandiera palestinese. Perfino in alcune università, luogo privilegiato di cultura, la caccia all’ebreo è riemersa senza troppi ritegni.
Shoah è la parola che la lingua ebraica usa per indicare il dramma dei campi di sterminio. Senza dimenticare che, tanto per non sfigurare, anche l’Italia fascista nel ’38 si fa le sue belle leggi sulla razza, chiarendo che “Le razze umane esistono... Esiste ormai una pura razza italiana... Gli ebrei non appartengono alla razza italiana”.[1] E il nostro contributo alla soluzione finale non l’abbiamo fatto mancare. Quasi 7mila500 furono gli ebrei deportati dall’Italia; dei 1259 catturati il 16 ottobre del ’43 nel ghetto di Roma, ne sopravvivranno solo 16.
Shoah. Intraducibile. Tante parole mettono i dizionari, pur di renderne la portata: tempesta, rovina, devastazione, deserto; burrasca, disastro, perdizione, distruzione, calamità; desolazione. Un’altra parola, quest’anno in modo particolare, abbiamo bisogno di ascoltare. È il corrispettivo di Shoah nella lingua araba. Nakba. Nasce per indicare l'esodo forzato della popolazione araba palestinese durante la guerra civile del 1947-48, che fa seguito alla decisione delle Nazioni Unite che nel novembre 1947 decidono su quella terra la nascita di due Stati: uno ebraico, Israele, e uno palestinese. Ma quest’ultimo deve ancora nascere... Non sono paragonabili, né in senso numerico né storico, Shoah e Nakba. Ma sono due parole che il mondo attuale ha bisogno di tenere vive nella memoria. Se vuole, sia non ricadere nell’obbrobrio nazifascista, sia trovare oggi una soluzione che parli di pace per il Medio Oriente.
No, noi non abbiamo attivato campi di sterminio né deportazioni di massa. Ma processi di emarginazione, respingimenti, leggi e leggine che servono solo a ostacolare i soccorsi e l’accoglienza ai migranti... in altre parole una caccia al diverso più o meno esplicita, hanno terreno fecondo anche nel nostro mondo. Occidentale. E civile. E cristiano. Compresa la nostra Italia.
È avvenuto, quindi può accadere di nuovo ha scritto Primo Levi.[2] Nessuno si sarebbe aspettato una guerra al centro dell’Europa nel XXI secolo. Ma è avvenuto. E non riusciamo ad uscirne. La ricerca dell’uomo o della donna forte al comando, che ha segnato la storia cento anni fa, non è pensiero né atteggiamento lontano in certi movimenti politici presenti in alcuni paesi europei. Italia compresa.
27 gennaio, Giorno della Memoria. Non riduciamola a pura cerimonia di commemorazione. Ricordare, per non ricaderci di nuovo.
[1] Manifesto degli scienziati razzisti, 1938
[2] P. Levi, I sommersi e i salvati, 1986