Sì, un po’ di latino. Ma quando proprio non se ne può più, chiediamo aiuto anche al latino. Fino a quando insomma… dovremo ancora continuare a far finta di non vedere? Che cosa? Che la dipendenza da cellulare sta pesando gravemente sulla crescita dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Chiunque abbia figli o nipoti in età scolare, e anche oltre, non può fare a meno di vedere ore e ore consumate in simbiosi tra questi e il telefonino. Sta sempre col cellulare in mano è un ritornello che ormai mi sento suonare ogni volta che incontro dei genitori. Ma il problema è che ce ne accorgiamo quando ormai il cemento ha già fatto presa. Mani occhi e cellulare sono diventati un tutt’uno. E recuperare la libertà di movimento è impresa ardua.
Avete mai pensato a come e quando comincia la storia? Non a dodici anni o a quindici. Ma a dodici… mesi, o anche prima. Quando a casa, per farlo stare tranquillo, e stare tranquilli anche noi, lo piazziamo davanti alla tv. Con i cartoni. Così, fin dai primi mesi, gli insegniamo che il piacere si trova nella relazione con uno schermo. E quando non abbiamo la tv a portata di mano, arriva il giochino elettronico, prodigo dispensatore di suoni e di lucine. Poi arriva il cellulare. Con le app dedicate: ce n’è per tutti i gusti e per tutte le età. Quando la prossima volta uscite, in ristorante o in pizzeria, prendetevi due minuti e guardate i bambini ai tavoli. Vedrete che davanti, oltre al piatto e alle posate, o addirittura a fianco del biberon, c’è l’aggeggino elettronico. Il compagno di giochi, di relazione, di affetti… di tutto. E gli adulti stanno tranquilli.
Ma loro sono nativi digitali; con questi dispositivi dovranno imparare a conviverci; non possiamo far finta che non ci siano; ecc. ecc. Obiezioni giuste? No. Chi ce lo dice, e con forza, sono proprio i nostri ragazzi che passano in media più di 8 ore al giorno incollati al cellulare. Imprigionati dai social. In totale clausura. Incapaci di passare due ore, che dico, dieci minuti, a guardarsi negli occhi con un amico, o con il babbo o la mamma, senza uno schermo di mezzo. L’altro giorno ero al ristorante: nel tavolo vicino due fratelli, tre e sei anni. Ciascuno aveva un cellulare in mano. Neppure si guardavano.
Dalla Francia una doppia buona notizia.
La prima. Seine-Port, un paesino di duemila abitanti, quaranta chilometri da Parigi, decide di vietare l’uso del cellulare nei luoghi pubblici. Con un referendum il 54% dei cittadini ha approvato questa norma. Una sorta di campagna di disintossicazione. Per aiutare le persone a liberare gli occhi e la mente dalla prigionia dello schermo. Per combattere la dipendenza, dice il sindaco. Perché le persone, adulti e bambini, possano camminare per strada o sedersi sulle panchine, nei ristoranti o nei caffè, perfino entrare in un negozio, con la libertà di guardarsi intorno. Di scambiarsi un saluto. A tutte le età.
L’altra. Una commissione di esperti, psicologi neuropsichiatri pediatri pedagogisti, nominata dal Presidente per offrire un aiuto alle famiglie nell’affrontare il problema, ha portato al governo le sue conclusioni: una proposta di regolamentazione nell’uso in relazione all’età. Proposta che dovrebbe tradursi, a parere della commissione, in disposizioni di legge. I punti principali: prima dei 3 anni divieto assoluto di tutti gli schermi, tv compresa; dai 3 ai 6 tv e tablet autorizzati, e solo con la presenza di un adulto; niente telefonino prima degli 11 anni; a 11 sì, ma senza Internet; la connessione alla rete dai 13 anni, ma con il controllo di un adulto; solo a 15 l’uso dei social, ma non di tutti; non Instagram o TikTok prima dei 18.
Due le motivazioni di fondo. I danni alla salute, fisica e mentale: disturbi del sonno, nervosismo, agitazione, depressione, isolamento sociale, obesità da vita sedentaria, serie difficoltà nell’attenzione. I contenuti d’ogni genere cui tutti possono accedere, gratis, tramite cellulare, dalla violenza alla pornografia. Non si abbandonano i bambini nella giungla: allo stesso modo non si lasciano da soli su Internet. Con siti che attivano strategie potenti per catturare l’attenzione, fino a giungere allo sfruttamento, economico e sessuale, anche di bambini. Caterina a 9 anni col suo telefonino accede già ai siti porno: l’ho incontrata di recente con i suoi genitori.
Non so quando o come la Francia accoglierà le proposte della commissione. E da noi? Qui sembra che neppure ce lo poniamo il problema. I nostri politici, affetti da sindrome da campagna elettorale permanente, sono catturati solo dai loro giochini alla caccia di voti. Neppure la scuola sa attivarsi per offrire alle famiglie quell’aiuto di cui hanno bisogno per una problematica del tutto nuova, di fronte alla quale si ritrovano senza alcuna preparazione. Sì e no qualche parrocchia, ogni tanto, qualche iniziativa… Quousque tandem?
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