VOCE DELLA VALLESINA Settimanale di informazione - Colloqui con lo psicologo - di Federico Cardinali

27 ott 2024

[Appunti pastorali] Sinodo, Giubileo… occasioni perdute?

Temi difficili

Due temi ci sono sui quali a me sembra di sentire qualcosa di questo tipo: parliamone perché sono temi importanti per la vita della Chiesa, ma non pensare che cambieremo qualcosa. Qui non si può cambiare. E smettila di chiedere troppo. Cerca piuttosto di apprezzare la libertà che ti lasciamo, a te e chi altri si pone certe domande: un tempo non avresti potuto neppure parlarne. Figuriamoci poi in un settimanale diocesano.

Chi ti dice queste cose? mi direte. Non sarà che senti le voci. No, tranquilli, non sento… le voci! Sento l’aria. Respiro il clima. E non immaginate quanto mi piacerebbe venire contraddetto. Non a parole, però. Questo è già esperienza fatta e consolidata. Contraddetto nei fatti. Vedere segnali concreti di vero cambiamento.

 

A due temi sto pensando – e per oggi mi fermo qui. Semplici e chiari. Il primo, dov’è la donna nella chiesa; l’altro, dove sono i laici nella chiesa.

Un tempo si parlava di tema o argomento tabù. Era il sesso e tutto quanto gli girava intorno. Poi lo è diventato il conto in banca. Nella chiesa (cattolica) invece sono questi due, temi tabù: la donna e i laici. Con una differenza però rispetto al sesso, di cui allora non si poteva parlare. Di questi temi si può parlare, se n’è parlato e se ne sta tuttora parlando anche nella fase attuale del Sinodo. Nelle alte sfere. Ma il sottinteso che accompagna il confronto, verbale, è ormai più che evidente: alla tanta apertura nel parlarne, altrettanta chiusura corrisponde rispetto a ipotesi di cambiamento.

La donna. La chiesa è donna; la donna è più intelligente e aperta degli uomini; pari dignità nella differenza; solo la donna è stata scelta per essere addirittura Madre-di-Dio; ecc. ecc. Ne abbiamo sentite e ne sentiamo tante. Parole bellissime e straordinarie. Dichiarazioni di principio ineccepibili. Ma quando si tratta di riconoscere alla donna la stessa dignità dell’uomo al punto che anche lei possa accedere al sacerdozio ministeriale, qui lo STOP è totale. Sono arrivati perfino a coprirsi con presunte indicazioni lasciate da Gesù di Nazareth!

I laici. Chi ha diritto alla parola in una diocesi? Il vescovo. E in una parrocchia? Il parroco. Anche gli altri possono parlare. Certo. Ma il quanto, il come, il quando e su cosa… dipende da loro. Con un vescovo o un parroco aperti al confronto, al dialogo, all’ascolto, tutti possono avere voce. Ma anche in questa, che è la migliore delle ipotesi, c’è una domanda da non perdere: di chi è l’ultima parola? E qui, come si dice, casca l’asino. La può dire solo lui. Il vescovo o il parroco. Ciascuno nel suo spazio di competenza. Definite nientemeno che dal Codice di Diritto Canonico.

L’ultima parola su cosa? Su tutto. Perfino sui bilanci. Potremmo chiederci se questa competenza ad ampio spettro viene infusa, sull’uno o sull’altro, dal Sacramento dell’Ordine. Altrimenti non si spiegherebbe come un vescovo o un parroco possano essere esperti economi, efficienti amministratori delegati dell’azienda, diocesi o parrocchia, e maestri di spiritualità e di Vangelo. Compito, quest’ultimo, di cui tutti nella comunità dovrebbero poter usufruire prima d’ogni altra competenza.

 

Che ne direbbe oggi Gesù? Visto che a lui tutti nella chiesa facciamo riferimento. Lui ha già detto. Le donne erano parte integrante della sua comunità. Impensabile allora che un maestro avesse delle discepole. Impensabile e scandaloso. Ma non si è fermato qui. Chi ha voluto incontrare per primi alla sua resurrezione? Le donne. Non Pietro o altri discepoli maschi. A chi ha dato il compito di annunciare questo avvenimento, culmine e pienezza della sua vita e del suo messaggio? Alle donne. Altro da aggiungere? Sì, che appena lui se n’è andato (i Vangeli la chiamano ascensione al cielo), i discepoli maschi hanno subito ripreso il sopravvento e collocato le donne al loro posto. Subalterne.

E il potere tutto nelle mani del clero? che è l’altra faccia della subalternità dei laci. Proprio domenica abbiamo ascoltato le parole del Maestro. Coloro che governano le nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Ma tra voi non è così. Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti.[1] Chiarissimo. Al punto tale che subito, partito Lui, ha cominciato a spuntare la gerarchia. E una volta avviata, è come la reazione nucleare. Non s’è più fermata.

 

Stiamo concludendo il Sinodo, che significa camminare insieme. Stiamo per entrare nell’anno del Giubileo, che significava, ai tempi di Gesù, risistemare tutti gli equilibri nelle relazioni umane e sociali. Che faremo noi? Perderemo ancora occasioni così preziose? La Speranza non delude scriveva Paolo di Tarso…

Contradditemi, per favore. Contradditemi. Ma con i fatti!

 

[1] Marco 10,42-45

 

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