20 apr 2025
Per tentare di riscoprire Pasqua nella sua pienezza di significato
Resurrezione
Per quanto gli uomini, raccogliendosi su un breve spazio in parecchie centinaia di migliaia, si sforzassero di snaturare quel tratto di terra su cui s’accalcavano; per quanto avessero ricacciato sotto le pietre la terra, affinché nulla ci crescesse sopra, e rinettassero qualsiasi erba ne spuntasse fuori, e affumicassero tutto di carbone e petrolio, e mozzassero gli alberi, e allontanassero tutte le bestie e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l’erba, tornata a vita, saliva e verdeggiava dovunque […]. Allegri erano tutti: piante e uccelli e insetti e bambini. Parole e immagini, queste, con cui Tolstoj inizia una delle sue grandi opere, Resurrezione.
Tante volte questi giorni sentiremo e risentiremo questa parola, resurrezione. Con il pericolo che diventi inflazionata. Come le tante parole da cui siamo circondati. O aggrediti. Rischiando che l’inflazione le faccia perdere di valore. Di significato. Anche per noi cristiani la parola resurrezione tende a sfumare, tanto forte è il suono della parola morte. Inconciliabili sembrano. E lo sono. Dove c’è l’una, infatti, ai nostri occhi non c’è posto per l’altra. Il problema però, a mio parere, è nel significato che diamo a questa parola. Meglio, a queste parole.
Di tre persone ci parlano i Vangeli, già morte, che Gesù richiama in vita. L’amico Lazzaro, morto da quattro giorni dice sua sorella, di cui ci dice Giovanni; il figlio di una donna, vedova, che incontra nella cittadina di Nain mentre lo stanno accompagnando alla tomba, di cui parla Luca; la figlia di Giàiro, il capo della sinagoga, di cui tutti e tre, Marco Matteo e Luca, hanno deciso di raccontarci. Ma queste persone non sono risorte. Possiamo dirle ri-animate, richiamate in vita: la medesima vita che avevano vissuto fino ad allora. Per loro, infatti, tornerà di nuovo la morte. Quella che incontreremo anche noi.
La resurrezione di cui parla Gesù di Nazareth, con la sua storia, non significa ritorno in vita con il corpo, in una fisicità fatta di organi apparati molecole, com’era prima della morte, ma ingresso in una nuova dimensione di vita. È qui la nostra difficoltà. Immersi come siamo nell’esperienza del corpo e della materialità che lo definisce, non sappiamo immaginare, o intendere, come possa essere questa vita. La vita-nella-resurrezione.
La scienza oggi prova a darci una mano. Ma facciamo fatica a seguirla. Ci è difficile cogliere ciò che non riusciamo ad immaginare. La materia, da cui siamo definiti, fa fatica a sintonizzarsi con le frequenze dello spirito. Oggi materia non è più ciò che percepiva Platone che, parlando dell’uomo, vedeva nel corpo (materia) la casa, la prigione, dell’anima (spirito). Per la fisica quantistica materia ed energia non sono realtà disconnesse. Sono così intimamente legate da presentarsi in una trasformazione reciproca e costante. Modalità diverse in cui il reale si esprime. Ciascuna è anche l’altra. Einstein ha sintetizzato con E=mc2.
Senza perderci in questioni tanto complesse, quest’immagine del reale che la scienza oggi ci propone può aiutarci mentre cerchiamo di avvicinare il significato di ciò che chiamiamo resurrezione. Possiamo cogliere in essa la trasformazione del corpo materiale in corpo spirituale.[1] Anche il corpo di Gesù, nella sua materialità fatta di organi apparati molecole, con la morte esaurisce la sua funzione. Ed è lì, in una tomba. Come il corpo di ciascuno di noi quando moriamo. La parola resurrezione ci porta in una dimensione di vita altra. Una dimensione in cui il risorto non è più, e non ha più, un corpo materiale. Perché questo corpo evolve, si espande in corpo energetico. In corpo spirituale. Gesù, rispondendo a chi lo deride perché parla di resurrezione, chiarisce che risorgere non significa tornare alla vita di prima, ma nella resurrezione si è come angeli nei cieli.[2] E quando usiamo l’espressione resurrezione della carne, è importante ricordare che carne (gr. sarx, ebr. basàr) non significa muscoli o ossa o organi: carne indica la dimensione di fragilità che, come umani, ci definisce. E risorgere significa oltre-passare questa fragilità.
Pasqua ci dice che siamo destinati alla resurrezione. Oggi il dialogo aperto tra riflessione teologica e pensiero scientifico ci invita a cogliere questa trasformazione fin dal momento della morte. La morte è l’ingresso nella resurrezione. Gabriella o Lorena, Remo o Massimo, mia madre, mio padre vivono nella resurrezione. La rigidità della dimensione tempo in cui siamo immersi, già in crisi per le intuizioni della scienza, ha bisogno d’essere ulteriormente superata. Risorti non alla fine del mondo, ma nel tempo presente, nel passaggio della morte.
Questi pensieri perché il Buona Pasqua! che oggi ci scambiamo sia parola di Vita. E di Luce. Come la primavera che sa ascoltare Tolstoj: Per quanto gli uomini, raccogliendosi… Il sole scaldava, l’erba, tornata a vita, saliva e verdeggiava dovunque.
[1] 1 Cor 15,44-51
[2] Mc 12,25; Mt 22,30; Lc 20,36
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Per chi lo desidera, mettiamo qui il link alle riflessioni sulla PASQUA degli ultimi i due anni: Resurrezione... 2024, Una dichiarazione d'amore 2023
Qui si possono trovare tutte le altre, anno per anno dal 2008 al 2022